Primo piano

L’affaire Mattei. Di verità si può anche morire?/2

di Otello Lupacchini*

La procura di Pavia, nel 1993, riaprì, infatti, le indagini, affidate al pubblico ministero Vincenzo Calia, chiuse nel 2003 e approdate alla definitiva archiviazione nel 2005, stabilirono che il velivolo Morane Saulnier della Snam, decollato da Catania e a bordo del quale viaggiava Enrico Mattei, precipitò a causa di una bomba collocata nel carrello d’atterraggio del velivolo; ma anche che l’inchiesta del 1962, presieduta dal generale dell’Aeronautica Ercole Savi, nel sostenere l’impossibilità di accertare la causa del disastro, realizzò in realtà un mostruoso insabbiamento, a cui non sarebbero stati estranei uomini inseriti nell’Eni e negli organi di sicurezza dello Stato. Pur lasciando aperta la questione dei colpevoli di quel sabotaggio, nella richiesta di archiviazione si legge, tuttavia, che «la programmazione e l’esecuzione dell’attentato furono complesse e comportarono il coinvolgimento di uomini inseriti nello stesso ente petrolifero e negli organi di sicurezza dello Stato con responsabilità non di secondo piano». Per il pubblico ministero pavese, insomma, il fondatore dell’Eni fu inequivocabilmente vittima di un attentato, la cui «esecuzione (…) venne pianificata quando fu certo che (…) non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenza dell’ente petrolifero di Stato».

L’Autorità giudiziaria di Palermo, ricevuti gli atti dalla procura pavese, ritenne di riaprire a sua volta le indagini, relative alla scomparsa e all’omicidio di Mauro De Mauro, riconoscendo la sussistenza del collegamento tra Enrico Mattei, deceduto nel disastro di Bascapè, e il cronista del quotidiano  «L’Ora», sequestrato il 16 settembre 1970, il cui corpo non fu mai ritrovato: Mauro De Mauro, al momento della sua scomparsa, era impegnato, su incarico del regista napoletano Francesco Rosi, il quale stava, a sua volta, lavorando alla realizzazione del film Il caso Mattei, nella ricostruzione delle ultime ore trascorse in Sicilia dal presidente dell’Eni; con sentenza del 10 giugno 2011, confermata in appello, la Corte d’assise del capoluogo siciliano, nel relativo processo, ha ribadito la «conclusione (…) rassegnata dalla procura pavese» che il disastro aereo in cui aveva perso la vita Enrico Mattei, fosse stato causato da una bomba, «pienamente condivisibile, in quanto suffragata da un compendio davvero imponente di prove testimoniali, documentali e tecnico-scientifiche».

Breve, che quel 27 ottobre 1962 Enrico Mattei non fosse stato vittima di un «tragico incidente», quanto piuttosto ucciso deliberatamente, è veritàratificata in sede giudiziaria:  le nuove scrupolose inchieste hanno condotto a emersione ulteriori rilevanti elementi andatisi ad aggiungere a quelli già in mano ai primi inquirenti e che costoro o avevano fatto finta di non vedere o di cui avevano sottovalutato la portata, con la conseguenza che la veritàrelativa alla «natura dolosa delle cause che determinarono la caduta» del bimotore Morane Saulnier 760, rimasta «acclarata, nonostante il tempo trascorso» dal disastro aereo di Bascapè, è stata consegnata definitivamente alla storia. E di questo dovrebbe farsi una ragione qualche sedicente «liberale arrabbiato e appassionato in economia prima ancora che in politica», il quale, con sprezzo del ridicolo e ostentando una sesquipedale ignoranza dei profili giuridici, prima che di quelli filosofici, del fenomeno probatorio nel processo penale, si spinge a reclamare «un trattamento sanitario obbligatorio per certi pubblici ministeri», come, per l’appunto, il dottor Vincenzo Calia, sostituto procuratore pavese titolare della nuova «inchiesta psichiatrica sulla morte di Enrico Mattei» nella quale il magistrato «turbo-narcisista» si sarebbe «scagliato contro la “demoplutocrazia di Cefis e Montanelli”», giungendo a pubblicare, all’esito dell’opusinvestigante, per Chiarelettere, la requisitoria, col titolo Il caso Mattei – Le prove dell’omicidio del Presidente dell’Eni – Dopo bugie, depistaggi e manipolazioni della verità.

Il professor Tullio De Mauro, fratello di Mauro, pienamente consapevole, per contro, di quanto nulla rilevasse la mancata affermazione, da parte della Corte d’assise di Palermo, della penale responsabilità nei confronti di Totò Riina, all’epoca dell’accertamento giudiziale unico imputato ancora in vita, assolto dai reati ascrittigli, «per non aver commesso il fatto», suggerì «caldamente in futuro di non scrivere mai più “tragico incidente” parlando di Mattei», poiché «Fu omicidio deliberato» («Corriere della Sera», 12 giugno 2011).

Vox clamantis in deserto, naturalmente: vi sono, purtroppo, persone che hanno costruito e ostentano la loro «autorevolezza» mostrandosi in pubblico catafratte di cautele, affatto fuori luogo, magari, inutili al punto di apparire addirittura sospette, di fronte a vicende come quelle legate all’affaireMattei oggetto di lungo e sistematico sabotaggio della verità, mediante depistaggi intentati subito dopo il disastro aereo, durante le indagini in maniera «indiretta» e, anche in seguito, quando i fatti sono stati ricostruiti dalla procura di Pavia e ribaditi in sede giurisdizionale prima dalla Corte d’assise e quindi dalla Corte d’assise d’appello di Palermo, per impedire l’emersione di veritàdiverse dalla versione ufficiale o anche solo per scongiurare qualunque tipo di ombra sulle cause della morte di Mattei, passaggio indispensabile là dove si voglia far luce sui mandanti.

È il caso, tanto per fare un esempio, di Paolo Mieli, il quale, parlando del presidente dell’Eni, nel corso della prima puntata di Mille lire al mese. Storie di uomini che hanno fatto grande l’Italia («Orizzonti Tv», 14 marzo 2016) ha sostenuto: «L’incidente di Bascapè, non sappiamo neppure se si può parlare d’incidente o non fu un attentato, toglie di mezzo Mattei, nel 1962 quando è ancora nel pieno delle sue forze e sta dispiegando la sua politica. È un danno terribile per l’Eni, per l’Agip e per l’intera economia italiana e anche per l’economia pubblica italiana». Anche l’Eni, del resto, in occasione del centodecimo anniversario della nascita del suo fondatore, ha diramato un comunicato ufficiale, puntualmente ripreso dalle agenzie di stampa, nel quale si continua a definire «misteriosa» la morte di Enrico Mattei, quasi non fossero mai intervenuti i rigorosi accertamenti giudiziari. L’Ansa, tanto per fare un altro esempio, scriveva: «Il 27 ottobre 1962 muore in un misterioso incidente aereo in provincia di Pavia. Le autorità giudiziarie non hanno mai accertato se si trattasse di morte accidentale o omicidio».

È pur vero che non c’è una verità giudiziariacompleta, non conoscendosi i nomi dei colpevoli, ma è anche di solare evidenza che Enrico Mattei fu vittima di un attentato. Il non voler ammettere questa verità, ricorrendo a mezzucci retorici di infimo profilo per rimuoverla, dimostra al di là d’ogni ragionevole dubbio, che il dibattito sull’affaire Mattei non possa essere ridotto negli spazi ristretti del dibattito giudiziario, sul quale pesano incongruamente i silenzi e le menzogne di uomini appartenenti a uno Stato tanto compromesso quanto per nulla disposto a processare parti di sé stesso.

(Nella foto i resti del bimotore che aveva a bordo Enrico Mattei)

2/Segue

*Giusfilosofo

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