Primo piano

L’affaire Mattei. Di verità si può anche morire?/5

di Otello Lupacchini*

Nonostante la propaganda faziosa intendesse dipingerlo come tale, il neoatlantismo di Mattei non era affatto un antiamericanismo: la battaglia del presidente dell’Eni non era contro gli Stati Uniti d’America, ma contro il sistema coloniale perpetrato dalle grandi holdingpetrolifere. E di questo Mattei era riuscito addirittura a convincere il presidente J. F. Kennedy, che, da parte sua, esercitò pressioni su una delle compagnie facenti parte delle «Sette sorelle», la Exxon, affinché concedesse all’Eni diritti di sfruttamento. Sembra anzi che Mattei si sarebbe dovuto recare a Washington per la ratifica di questo accordo, fortemente caldeggiato dal presidente americano, ansioso, dopo la risoluzione positiva della crisi dei missili a Cuba, di dare seguito ad una politica di distensione mondiale. Evento impedito, il 27 ottobre 1962, dalla tragedia di Bascapè.

Insomma, quando l’aereo Morane Saulnier 760, proveniente da Catania e diretto a Milano, si schiantò sulle campagne pavesi, Enrico Mattei stava surrogando la politica estera del Governo, scompaginando i giochi delle majorpetrolifere, disturbando gli interessi degli Stati Uniti e dell’Alleanza Atlantica per le sue posizioni terzomondiste e le sue aperture all’Urss e agli Stati mediorientali. Egli esercitava, altresì, una forte influenza su chi avrebbe dovuto controllarlo, il ministro delle Partecipazioni statali Giorgio Bo; ma anche un forte ascendente su Giovanni Gronchi, Presidente della Repubblica, ruolo al quale sembrava aspirasse. Aveva creato dal nulla la corrente democristiana di Base, guidata da Giovanni Marcora; con la forza e il denaro dell’Eni alimentava la politica, i partiti e, last but not least,

a differenza degli altri, lo dichiarava. Non a caso, dunque, fu scritto che con la sua morte mezza Italia abbia continuato a ricattare per decenni l’altra metà.

Nel corso delle indagini condotte dal pubblico ministero pavese, Vincenzo Calia, il 12 dicembre 1996 furono acquisite, presso una libreria antiquaria di Firenze, alcune carte degli anni Cinquanta e Sessanta, provenienti da una villa del Chianti, appartenute a un nobile romano, il duca Carlo Colonna, presidente del comitato provinciale di Roma dell’Unione Monarchica Italiana e vice presidente del comitato ordinatore del 7° congresso internazionale di Studi Mediterranei, presieduto da Gianfranco Alliata di Montereale.

In quel carteggio furono rinvenuti due rapporti del 20 luglio 1961, nel primo dei quali, sotto il titolo «La gravità della situazione politica internazionale dell’Italia», la responsabilità del grave stato di cose veniva attribuita alla dissennata politica petrolifera perseguita da Enrico Mattei e al «suo completo asservimento alla politica di Mosca».  In particolare, vi si leggeva come fosse: «inutile cercare di minimizzare o di nascondere lo stato delle cose»; vi si sottolineava che «La delusione e lo sdegno»degli italiani che avevano «votato per la DC, ritenendola l’unica difesa dal comunismo», avrebbe potuto «sboccare in fenomeni pericolosissimi di guerra civile a breve o brevissima scadenza, al punto che nei pensieri fatti per scongiurare ciò, si (era) contemplata anche la eliminazione fisica del Mattei», cosa che, tuttavia, avrebbe fatto «il gioco della Russia e del Mattei un Lumumba nazionale»; vi si suggeriva, dunque, che l’eliminazione fisica del presidente dell’Eni dovesse rappresentare l’«extrema ratio», essendo stata, invece, l’«unica soluzione praticabile»la sua «eliminazione morale», farlo, cioè, «cadere nel ridicolo e nella vergogna», rispolverando «lo scandalo delle sedici ragazze squillo nel processo a carico della Mary Fiore, cui il Mattei e i delegati dei ribelli

algerini si (erano) spesso serviti in quel dell’Excelsior»: il materiale da utilizzare allo scopo, sarebbe stato custodito nella redazione del settimanale «Lo Specchio»e negli «archivi dei servizi di assistenza

aeronautica e presso il servizio stranieri»; vi si riferiva ancora della pessima accoglienza riservata all’onorevole Amintore Fanfani, sostenitore della politica di Mattei, in occasione della sua visita negli

Stati Uniti; in proposito, vi si affermava che «al suo arrivo a Washington»il parlamentare italiano era stato «sottoposto (come i sospetti criminali) al test psicologico»e «classificato: “individuo non atto

a ricoprire la carica di governo che gli è stata affidata. Alleato infedele e pericoloso”».

Un avvertimento che sembra preludesse al «ridicolo», alla «vergogna»e, quindi, alla programmata «eliminazione morale»del presidente dell’Eni, era involuto in un articolo apparso su «Il Borghese»del 10 agosto 1961, dal titolo Sangue e Petrolio, avente a oggetto una lettera di minacce inviata a Mattei dall’Oas, l’Organisation armée secrète, il gruppo politico-militare clandestino che voleva mantenere l’Algeria sotto il controllo francese: l’autore del pezzo, Mario Tedeschi, non nascondeva di dubitare che la missiva fosse veramente dell’Oas e sosteneva, invece, che «la lettera sembrava scritta, più che da un terrorista da una ragazza di Mary Fiore». Prova ne sia quanto narrato da Renzo Trionfera su  «Il Giorno»del 3 giugno 1983 (Mattei, l’incorruttibile corruttore – il dossier sulla stampa avversaria), a proposito del settimanale «Il Reporter», che prima annunciòche «nell’ottobre del ‘61» sarebbe stata pubblicata «tutta la verità, “con nomi e cognomi” delle personalità coinvolte nel giro delle “squillo da un milione”, le bellissime ragazze dirette da una certa Mary Fiore, poi finita in galera»; annuncio che non ebbe seguito, poiché «Una bella sera trillò il telefono, un avvocato, chiese urgentemente un colloquio», per sondare la disponibilità del settimanale «in cambio di un certo numero di milioni, a rinunciare a quella pubblicazione. Tre giorni dopo arrivarono i milioni richiesti, diciotto, (e) il servizio non vide la luce»; non essendo giunti, però, gli altri milioni promessi, «Il Reporter» tornò ad annunciare:«il seguito al prossimo numero»; seguito, tuttavia, che «non uscì mai, perché molti altri milioni arrivarono tempestivi a tacitare l’esoso […] autore dell’operazione “ricatto squillo”».

Traccia di un’ulteriore manovra per l’«eliminazione morale»di Enrico Mattei, la si rinviene in un appunto trasmesso dal Sismi, secondo cui parrebbe che l’onorevole Saragat avesse incaricato il suo segretario particolare di raccogliere informazioni sull’Eni e sul suo presidente, al fine di minarne la credibilità e di provocarne l’allontanamento.

*Giusfilosofo

6/Segue

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