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Strage di Bologna, condannato all’ergastolo l’ex Avanguardia Nazionale, Paolo Bellini

La Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo con un anno di isolamento diurno Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale, per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria del capoluogo emiliano. La sentenza è stata letta in aula dal presidente della Corte, Francesco Caruso. Accolte, quindi, in gran parte le richieste della Procura generale bolognese, che aveva chiesto per l’imputato la condanna all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno.

Per quanto riguarda gli altri imputati, Segatel è stato condannato a sei anni per depistaggio, come chiesto dai pg, mentre per Catracchia, imputato per false informazioni ai pm, la pena decisa dalla Corte è di quattro anni, superiore ai tre anni e sei mesi chiesti dalla Procura generale. Le motivazioni saranno depositate nel giro di 90 giorni, prorogabili fino a 180.

Paolo Bellini, condannato all’ergastolo con un anno di isolamento diurno per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria di Bologna, dovrà pagare dei maxi-risarcimenti ai familiari delle vittime e alle persone rimaste ferite nell’attentato, che provocò 85 morti e oltre 200 feriti. Questo si legge nel dispositivo della sentenza, letto in aula dal presidente della Corte d’Assise bolognese, Francesco Caruso.

Tutti e tre gli imputati -Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia- dovranno pagare i danni alle parti civili, “da liquidare in separato giudizio”, ma nel caso di Bellini sono state fissate delle provvisionali esecutive. Nel dettaglio, la Corte ha stabilito che l’ex esponente di Avanguardia nazionale dovrà risarcire “100.000 euro alle parti civili che hanno perso un parente di primo grado o un coniuge, 50.000 a quelle che hanno perso un parente di secondo grado o un affine di primo o secondo grado, 30.000 a quelle che hanno perso un parente o affine di grado ulteriore, 15.000 a ogni parte civile che ha riportato lesioni e 10.000 a ogni parte civile che abbia un parente che ha riportato lesioni”.

Quanto alle spese processuali, i tre imputati dovranno pagare -Bellini nella misura del 90% e Segatel e Catracchia per un 5% a testa- 75.605,53 euro per le spese sostenute dalle parti civili che non hanno beneficiato del patrocinio a spese dello Stato, mentre il solo Bellini è stato condannato a rifondere 182.611,25 euro allo Stato per le spese di giudizio delle parti civili beneficiarie del patrocinio a spese dello Stato. Sempre a favore di queste ultime, Segatel e Catracchia dovranno pagare 7.581, 60 euro (nello specifico 3.790,80 a testa) ad ognuno dei nove avvocati che le hanno rappresentate nel processo.

Infine, la Corte ha disposto la trasmissione ai pm dei verbali delle testimonianze di Stefano Menicacci, Giancarlo Di Nunzio e Piercelso Mezzadri, oltre che delle relazioni e dei verbali delle dichiarazioni di Fabio Giampà, Stefano Delfino e Giacomo Rogliero “in relazione a eventuali ipotesi di reato” di falsa testimonianza e depistaggio.

La Procura generale di Bologna “ringrazia la Corte d’Assise per il lavoro svolto in tempi contenuti e ragionevoli, in rapporto alla grande complessità della vicenda”, e non nasconde “la propria soddisfazione per la giustizia resa, per ora in primo grado, alle vittime, ai loro familiari e alla collettività”. A dirlo, in una dichiarazione rilasciata ai cronisti poco dopo la lettura della sentenza del processo sulla strage del 2 agosto 1980 a carico di Paolo Bellini, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, è Lucia Musti, reggente della Procura generale bolognese dopo il pensionamento di Ignazio De Francisci.

Il processo di primo grado si è concluso oggi, dopo 76 udienze che hanno impegnato magistrati e avvocati per quasi un anno, con la condanna di tutti gli imputati (Bellini all’ergastolo, Segatel a sei anni e Catracchia a quattro), e parlando con la stampa Musti tiene a ringraziare molte delle parti che hanno avuto un ruolo nel procedimento. La reggente della Procura generale ringrazia infatti “le parti civili, per il valido e sapiente contributo offerto nel corso di oltre quattro anni, gli organi di Polizia giudiziaria e i servizi di intelligence, che con efficacia e grande responsabilità hanno coadiuvato l’ufficio”. Un ‘grazie’ viene riservato anche “alla stampa e ai media, che hanno seguito il processo e contribuito alla diffusione della conoscenza”. Infine, non poteva mancare un ringraziamento “al personale amministrativo” e soprattutto “ai magistrati della Procura generale, per l’eccezionale sforzo che hanno dovuto sostenere a seguito dell’avocazione dell’indagine“, portata avanti dai pg dopo che la Procura ordinaria aveva deciso di chiederne l’archiviazione.

“Non ci aspettavamo questo risultato. Eravamo molto fiduciosi sull’esito del processo, perché avevamo speso argomenti non banali. Vedremo la sentenza e faremo appello, ovviamente: mica gli potremo lasciare l’ergastolo“. Così uno degli avvocati di Paolo Bellini, Antonio Capitella, appena terminata l’udienza in Corte d’Assise che ha condannato oggi il suo assistito come ‘quinto uomo’ alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980.

“Ora- continua Capitella a caldo pensando al futuro probabile processo sui mandanti- voglio vedere con i mandanti come la mettono, visto che i soldi sono stati destinati ad altro (è la citazione del ‘documento Bologna’ di Licio Gelli, ndr) e lo avevamo dimostrato”.

Continua Capitella in aula appena terminata l’udienza: “Non me l’aspettavo, perché facevo affidamento su quello che avevamo spiegato in aula nel corso della discussione in aula. Quella della moglie di Bellini non è una testimonianza ma è un riconoscimento fotografico, ed è molto discutibile dal punto di vista procedurale. Bellini viene condannato perché riconosciuto dalla moglie. La moglie cambia gli orari quattro volte e il problema è se quell’uomo non è Bellini, come ha detto il nostro consulente”.

“Il primo pensiero va ai familiari delle vittime della strage del 2 agosto, che per 42 anni, senza sosta, hanno cercato verità e giustizia. Oggi, come istituzioni, siamo in questo Tribunale per rappresentare non solo le parti civili, ma l’intera città. Come credo si veda anche dalle nostre espressioni, siamo con le lacrime agli occhi per questa sentenza che fissa un punto della storia del nostro paese e non soltanto della nostra città”. Così il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, fuori dal Tribunale dopo che la Corte d’Assise di Bologna ha condannato all’ergastolo con un anno di isolamento diurno Paolo Bellini, ex esponente di Avanguardia nazionale, per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione ferroviaria. A fianco della vicepresidente della Regione Elly Schlein, Lepore è entrato con la fascia tricolore per tempo nell’aula, dove il presidente della Corte, Francesco Caruso, ha letto la sentenza, salutando i familiari delle vittime.

“Quello che questa condanna e queste condanne sanciscono- continua il sindaco a margine, una volta uscito dall’aula- rappresenta un baratro dell’umanità, che ha toccato la storia politica e istituzionale del nostro paese. La bomba alla stazione ha squarciato la democrazia del nostro paese. Questa condanna dimostra un filo nero che collega una strategia eversiva, che ha tenuto in scacco il nostro paese per molti anni e gli ha rubato la libertà, inquinando la vita stessa dei cittadini italiani”.

Questa condanna, rimarca Lepore, dice che “il 2 agosto non è soltanto una questione di Bologna, ma dell’intero nostro paese. Credo che le coscienze politiche e istituzionali debbano seriamente riflettere su questo risultato. Noi continueremo ad essere al fianco dei familiari delle vittime, non solo per celebrare e fare memoria: questa è una battaglia importante, è la battaglia della democrazia e della verità”.

Aggiunge quindi il sindaco di Bologna: “Voglio ringraziare gli avvocati di parte civile, fondamentali per questo risultato, i pubblici ministeri, i giudici e tutti coloro che hanno lavorato affinché il sistema giustizia in Italia potesse funzionare. Questa sentenza, ancora una volta, dice quanto il nostro paese oggi sia capace di avere quegli anticorpi che, per troppo tempo, dal dopoguerra in avanti, non ha avuto. È davvero una pagina di storia questa, attorno alla quale per molto tempo dovremo riflettere e anche lavorare. È un punto di svolta. Se non lo sarà- avvisa il sindaco- sarà un vulnus della democrazia”.

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