Economia e Lavoro

L’analisi della Banca d’Italia sul mercato del lavoro nazionale

 

La ripresa dell’attività nel 2021 ha determinato un aumento del numero di occupati relativamente contenuto e un recupero più marcato delle ore lavorate, che nel 2020 avevano assorbito gran parte del calo della domanda di lavoro. Alla fine dell’anno, tuttavia, le ore lavorate per addetto rimanevano su un livello inferiore rispetto a quello registrato prima della pandemia, anche per l’utilizzo ancora intenso degli schemi di integrazione salariale. All’inizio del 2022 l’occupazione ha lievemente accelerato, ma il ricorso alla Cassa integrazione guadagni si è mantenuto elevato.

L’espansione dell’occupazione è stata molto diversa tra categorie di lavoratori e tra settori. L’incremento ha riguardato esclusivamente i rapporti di lavoro dipendente (in particolare quelli a termine, che erano molto diminuiti nei primi mesi della pandemia); è stato più intenso per gli uomini. L’occupazione nelle costruzioni ha molto accelerato; nella manifattura e nel commercio è tornata a espandersi, riportandosi sul percorso di crescita precedente l’emergenza sanitaria. La dinamica nel settore del turismo è stata invece nettamente più debole di quella del biennio prima della crisi.

La partecipazione al mercato del lavoro è significativamente aumentata specialmente tra i giovani e le donne, che più avevano abbandonato la ricerca di un impiego per via delle scarse prospettive di successo e dei vincoli connessi con il contenimento dei contagi. Il compito di favorire la transizione verso nuovi impieghi spetta in primo luogo alle politiche attive, che in Italia hanno storicamente svolto un ruolo limitato. Le dinamiche demografiche continuano a contenere l’espansione del numero di persone attive, in particolare per la riduzione della popolazione in età da lavoro.

La crescita delle retribuzioni minime stabilite dai contratti collettivi nazionali si è mantenuta moderata nel 2021 e nel primo trimestre del 2022. Gli accordi in vigore sono stati in larga parte rinnovati prima dell’inatteso incremento dell’inflazione; la debolezza della domanda ha rallentato le trattative di rinnovo nei settori dei servizi più colpiti dalla pandemia. Riducono per il momento il rischio che si inneschi una spirale salari-prezzi sia la disponibilità ancora ampia di lavoro inutilizzato, sia alcune caratteristiche strutturali del modello contrattuale italiano (la lunga durata dei contratti, l’utilizzo nei rinnovi contrattuali di previsioni di inflazione al netto della variazione dei prezzi dei beni energetici importati e la ridotta diffusione di clausole di rinegoziazione degli aumenti qualora l’inflazione sia superiore a quella prevista).

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