Il 62,4% dei professionisti non ordinistici (sono circa 444mila) utilizza strumenti di intelligenza artificiale generativa (come chatbot, software di traduzione e assistenti virtuali). Fra questi, il 58% ritiene che la IA abbia migliorato la qualità del lavoro, soprattutto in termini di efficienza, produttività e riduzione degli errori e in generale l’85% di tutti gli intervistati si dichiara comunque ottimista riguardo ai benefici che possono derivarne. Sono dati che emergono dalla ricerca Confcommercio Professioni e-Format Research su “I liberi professionisti alla prova dell’intelligenza artificiale”, presentata nell’ambito del convegno “Intelligenza artificiale e professionisti: alleati o nemici?”, svoltosi il 7 novembre scorso a Roma nella sede nazionale di Confcommercio.
L’indagine evidenzia anche l’esistenza di un 27% che teme che l’impatto dell’IA possa mettere a rischio la propria professione, la metà circa dei quali attivi nella comunicazione. Il 46%, poi, ritiene che rappresenti una minaccia per la qualità dei servizi offerti (i più preoccupati sono donne e giovani), mentre solo il 16,6% ha ricevuto un addestramento specifico (percentuale che non a caso sale al 40,4% tra i 18-24 anni). Sette professionisti su dieci ritengono inoltre che le associazioni di categoria debbano giocare un ruolo attivo nella formazione e nell’aggiornamento continuo sull’intelligenza artificiale. Il 43,6% degli intervistati, infine, si aspetta che l’IA porterà all’automazione di attività ripetitive, permettendo ai lavoratori interessati di concentrarsi su compiti più strategici e creativi, e il 52,4% ritiene che creerà nuove opportunità di lavoro, mentre il 61,2% che genererà una maggiore personalizzazione dei servizi.
“Se è positivo che già il 62% degli intervistati utilizzi strumenti di intelligenza artificiale, ci preoccupa che solo una piccola percentuale abbia ricevuto una formazione specifica. Il nostro compito – commenta Anna Rita Fioroni, presidente di Confcommercio Professioni – è quello di orientare l’innovazione nell’intelligenza artificiale creando consapevolezza e comportamenti etici che devono derivare da scelte autonome più che da vincoli di legge. Occorre poi un welfare su misura e soprattutto occorre riportare equità nel trattamento dei lavoratori autonomi professionali iscritti alla gestione separata Inps, favorire l’adesione alla previdenza complementare e all’assistenza sanitaria integrativa e promuovere la conoscenza dell’Iscro (l’indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa, ndr). Occorrono anche politiche attive rivolte al lavoro autonomo professionale e su questo il Dl Coesione ha fatto importanti passi in avanti (in attesa della concreta attuazione). Per la crescita e la competitività i professionisti devono essere parificati alle imprese nella fruizione degli incentivi, rispettandone però le specificità. Occorre puntare agli investimenti sulla formazione professionale a tutti i livelli riconoscendo un ruolo alle associazioni e alle forme aggregative di rappresentanza delle professioni. Nella nuova riforma fiscale ci sono molte novità positive che però potrebbero essere implementate con una maggiore attenzione alle specificità del regime forfettario e delle professioni non ordinistiche”.