Economia e Lavoro

L’usura e la “Macrousura”/2

di Fabrizio Pezzani

 

La guerra

Per capire la critica che essi facevano all’usura è necessario capire quanto quella, ieri come oggi, rappresenti l’ostacolo alla realizzazione del bene comune perché mettendo l’interesse personale da perseguire come valore assoluto la “societas” si trasforma in “bellum omnium contra omnes”. Oggi i ruoli gerarchici sono stravolti perché l’economia è il fine, la politica deve perseguire gli interessi dell’economia e della finanza e l’etica è un corollario che esprime la tensione congruente con quel fine. In altri termini se il fine è l’accumulazione infinita un comportamento etico in questa gerarchia si identifica con la legge del più forte e l’usura, in questo caso la macrousura, diventa un’arma di potere e di dominio.

Nella Grecia classica sia Platone ma soprattutto Aristotele si occuparono dell’uso della moneta e del suo valore d’uso e di quello di scambio. Mentre il primo è legato alla natura del bene in sé – l’uso a cui è naturalmente destinato il bene – il secondo accomuna tutti i beni che possono essere oggetto di scambio. In questo secondo caso lo scambio nell’evolversi delle società e delle loro relazioni commerciali passa dal baratto allo scambio monetario, qui torniamo alla prima parte del presente lavoro.

L’accumulo di moneta è innaturale

La moneta rileva Aristotele può essere strumento di formazione di scambio e determinare il valore dello scambio perché consente lo sviluppo delle società e la divisione del lavoro ma se usata al fine della sua accumulazione diventa innaturale perché lesiva del bene comune e del giusto scambio. In questo caso Aristotele riprende il termine di crematistica per definire una ricerca di accumulazione fine a sé stessa ma è nella natura dell’uomo prima pensare a sé stesso che agli altri e solo la sperimentazione dei vantaggi, non solo economici, derivanti dalla visione dei bisogni altrui come bisogni complessi del sistema di cui fa parte lo portano ad azioni solidali.

La moneta non crea moneta diceva Aristotele, in latino divenne “nummus nummum parere non potest” condannando il suo uso per una sua accumulazione infinita anche a scapito degli altri. Il termine usura lo fa derivare da “tocos” che significa “parto” ed in senso traslato deriva dalla forma verbale “ tocao “ che vuole dire essere in procinto di partorire dal verbo “ticto” equivalente a generare, quando si crea moneta avviene una generazione di qualcosa di simile a sé stessa ma la moneta in quanto tale non crea ricchezza che deriva invece dal lavoro e diremmo oggi dall’economia reale .

La nascita del prestito

La pratica di dare denaro a prestito diventa di grande importanza nell’evolversi degli scambi internazionali e dunque è con il medioevo che il ruolo della moneta assume una fondamentale importanza per l’apertura dei commerci e quindi della divisione del lavoro e delle attività produttive. In quel tempo il rifiorire di una maggiore spiritualità e l’avvio del francescanesimo contribuirono alla fioritura delle attività artigianali e mercantili. Le attività produttive diventarono più complesse e diversificate.

Il commercio e la produzione diventando diversificati e frammentati allungavano sia i tempi di produzione sia quelli della realizzazione della vendita dei prodotti finiti; la stessa acquisizione di materie prime e manufatti avveniva tramite attività di trasporto tra territori lontani che richiedevano lunghi tempi di esecuzione. L’allontanamento delle fasi produttive fra di loro richiedeva sempre più elementi che facilitassero gli scambi e la moneta divenne fondamentale per concedere i prestiti necessari a ridurre gli squilibri tra i flussi finanziari in uscita e quelli in entrata; l’affermazione di istituti che favorissero l’intermediazione finanziaria fu un fattore di sviluppo fondamentale per preparare i tempi moderni e l’avvento nei secoli della rivoluzione industriale.

Come sempre la lettura della storia nel tempo consente di capire come i fatti e la storia stessa si vadano formando attraverso una fitta rete di relazioni tra cause ed effetti ed ogni fase storica è strettamente legata alla precedente che l’ha preparata ed a quella successiva che ne diventa la naturale conseguenza.

La spesa militare

L’esercizio del commercio e delle attività produttive consentivano crescite diverse tra differenti territori e le forme di governo politico del tempo finivano spesso per cercare l’affermazione degli uno verso gli altri e così anche l’approntamento degli eserciti per le guerre richiedeva un ingente investimento monetario che veniva coperto sia dai tributi che dai crediti concessi dai soggetti intermediari negli scambi. Fu proprio l’Italia a sviluppare più rapidamente gli intermediari finanziari che conferivano le risorse per un periodo di forte crescita in un contesto in cui la tensione verso la dimensione spirituale aveva una grande influenza sull’arte e sul bello.

Come sempre l’instabilità dell’animo umano travolge la propensione verso il bene comune quando lentamente si afferma la cultura dell’interesse personale da perseguire anche infrangendo le regole morali ed il senso di giustizia che aveva a lungo ispirato i pensatori del periodo medievale; anche l’esercizio non regolato del credito finiva per lasciare spazio ad un suo usa talora giugulatorio, per l’appunto l’usura.

 

La finanza come ordine supremo

L’avere innalzato la finanza ad ordine supremo ha consentito, anche grazie alla legittimazione data dall’Accademia di Stoccolma, che si potesse formare un ordine superiore ai singoli stati non democraticamente eletto né giustificato in grado di esercitare un’egemonia sovranazionale sulle singole società con l’esercizio spregiudicato della moneta e della finanza come abbiamo visto nelle precedenti pagine. Nel precedente lavoro scrivevamo:

Il dissesto a cui siamo di fronte è stato causato da uomini, non da eventi naturali e imprevedibili; uomini che, spesso, si sono laureati nelle università migliori. Ma quali valori morali ed etici si insegnano in queste università di (ex) eccellenza? Possiamo provare a domandarci che responsabilità hanno «i maestri» di quelli che ci hanno messo in questa drammatica situazione? Purtroppo, è questo il vero dramma, li troveremo sempre lì a pontificare un nuovo corso della storia che si stanno preparando a cavalcare magari andando a vendere il nuovo prodotto «Corporate Social Responsabiliy» per fare un nuovo «best seller» che durerà l’éspace d’un matin come sempre, ma senza fare cultura vera. Hanno fatto scivolare rapidamente via le loro responsabilità morali e sociali come la pioggia sui vetri; così termini come responsabilità, onore, vergogna, morale, etica, solidarietà che una volta scuotevano nel profondo la coscienza delle persone oggi sono diventati solo sordi suoni di una campana stonata.

È tutta un’altra storia. Ritornare all’uomo ed all’economia reale. L’armonia e l’ordine delle cose di un tempo sono diventate oggi, nei tempi post-moderni qualcosa di profondamente asimmetrico che ci sta portando ancora una volta davanti al caos.

Questo non è avvenuto per caso ma seguendo un percorso di legittimazione di un modello socioculturale i cui fini non sono certamente il bene comune.

(*) Professore emerito Università Bocconi

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