I genitori di Filippo Turetta, il ragazzo reo confesso per l’omicidio di Giulia Cecchettin hanno rinunciato ad incontrare il figlio in carcere. Erano attesi alla casa circondariale di Montorio a Verona, ma non sono mai arrivati. Secondo quanto si è appreso i due, Nicola Turetta ed Elisabetta Martini dopo aver ottenuto il permesso dal pm non hanno infatti seguito l’avvocato Giovanni Caruso per il colloquio. Da quanto si è appreso, la rinuncia è stata motivata con la necessità di ricorrere a un aiuto psicologico, sia per il giovane che per i due genitori. All’avvocato Caruso non è rimasto altro che comunicare questa decisione alla direzione del carcere di Montorio. La visita nel carcere di Verona era stata autorizzata dal pm di Venezia Andrea Petroni che ha dato il via libera, anche se il giovedì non sarebbe stata giornata di colloqui con i familiari per i detenuti del reparto infermeria, dove si trova il ragazzo.
L’1 dicembre a Padova è prevista l’autopsia della ragazza, mentre non è ancora chiaro se i funerali potranno svolgersi già sabato nella Basilica di Santa Giustina in Prato della Valle. Intanto vanno avanti i passi giudiziari di questa triste vicenda che ha colpito l’intero Paese.
La difesa va avanti con le sue strategie e parla di unomicidio aggravato dallo stalking, perchè Filippo Turetta era diventato nell’ultimo periodo un “molestatore assillante” nei confronti di Giulia. A sostenerlo è l’avvocato Nicodemo gentile, che assiste la famiglia di Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa due settimana fa dall’ex fidanzato Filippo Turetta pochi giorni prima che si laureasse. L’avvocato, come riportato su diverse testate giornalistiche, ha spiegato che ritiene che l’omicidio di Giulia sia “aggravato dallo stalking”, dal momento che il ragazzo “ha dimostrato di essere un ‘molestatore assillante’” e che “il suo comportamento, come sta emergendo da più elementi da noi già raccolti, è connotato da plurime e reiterate condotte che descrivono ‘fame di possesso’ verso la nostra Giulia”. Il legale ha parlato anche di “un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia”. Turetta ha gestito il rapporto con la sua ex in modo “padronale” e questo lo ha spinto “prima a perpetrare reiterate azioni di molestie e controllo, anche tramite chiamate e messaggi incessanti, e poi, in ultimo l’omicidio, al fine di gratificare la sua volontà persecutoria”. Va detto poi che nell’interrogatorio davanti al gip di Venezia Benedetta Vitolo, Turetta si è detto pentito, pronto a scontare la pena per ciò che ha fatto, pur non citando mai il nome della sua ex fidanzata e lasciando intendere che potrebbe avere avuto una sorta di black out mentale, ma ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. L’avvocato Giovanni Caruso, dopo circa due ore di colloquio con Turetta seguito all’interrogatorio, ha annunciato però che il giovane in quei pochi minuti ha comunque “ritenuto doveroso rendere dichiarazioni spontanee con le quali ha sostanzialmente confermato le ammissioni fatte alla polizia tedesca”. Quando era stato arrestato vicino a Lipsia, fermo con la sua auto senza benzina, aveva detto di avere ucciso Giulia, chiamandola ancora “fidanzata”, di aver vagato per una settimana tentando anche di uccidersi, ma di non aver avuto il coraggio. “Sono affranto – ha spiegato, come si legge nelle dichiarazioni – dispiaciuto per la tragedia che ho causato. Non voglio sottrarmi alle mie responsabilità, voglio pagare quello che sarà giusto per aver ucciso la mia ex fidanzata. Sto cercando di ricostruire nella mia memoria le emozioni e quello che è scattato in me quella sera. Fin da subito era mia intenzione consegnarmi e farmi arrestare. Questa era la mia intenzione. Ora sono molto stanco e non mi sento di aggiungere altro”.