Cronaca

Parla il giovane rumeno ospite nella cascina di Morisi: “Quella notte mi ha distrutto la vita”

“Sono incazzato per quello che sto leggendo sui giornali, le cose sono andate diversamente. Quella notte a casa di Luca Morisi mi ha distrutto la vita. Mi sono sentito male e sono fuggito. Con me ho prove, foto e messaggi»: a parlare, in un’intervista esclusiva a Repubblica, è uno dei due ragazzi rumeni che la notte tra il 13 e il 14 agosto 2021 sono stati nell’appartamento dell’ex stratega – oggi indagato per cessione di stupefacenti – di Matteo Salvini a San Bonifacio, in provincia di Verona. “Quella notte a casa di Luca Morisi – spiega il 20enne rumeno a Repubblica – mi ha distrutto la vita. Mi sono sentito male e sono fuggito. Con me ho prove, foto e chat che dimostrano che tutto ciò che vi dirò è la verità. Un mio amico, anche lui ventenne che vive come me a Milano ed è rumeno, è stato contattato da lui poco prima di Ferragosto sul web. Entrambi abbiamo profili sia su Instagram sia su Grindr, i nostri numeri sono su alcuni siti di escort gay. Sinceramente non so quali canali abbia scelto per agganciarlo. So soltanto che il mio amico a un certo punto mi chiama e mi dice che questo Morisi ci vuole incontrare”. “Abbiamo pattuito – prosegue il giovane rumeno a Repubblica – 4.000 euro, per andare da Milano al cascinale di Belfiore e passare con lui una giornata. L’accordo tra noi era che ci saremmo divisi a metà il compenso. Prima di partire da Milano, il mio amico ha ricevuto da Morisi un bonifico di 2.500 euro. Morisi era molto gentile. Abbiamo trascorso con lui la serata, circa dodici ore insieme o forse qualcosa di più, non so dirlo con certezza. «All’inizio ci siamo divertiti tutti, ci siamo drogati certo. La roba ce l’ha offerta Morisi. Non era la prima volta che lo facevo, non mi è mai capitato di sentirmi così male dopo… ero devastato, ne ho consumata troppa. Mi ha preso male e a un certo punto, non so dire dopo quanto tempo, volevo andare via perché non mi sentivo bene e ho chiamato i carabinieri, mi è venuto spontaneo farlo. La droga dello stupro era nel cruscotto della macchina, me l’ha data Morisi, io non l’ho portata”. Davanti al Tribunale del riesame di Torino si è discusso dell’appello della procura di Verbania contro la scarcerazione di due degli indagati, il responsabile dell’impianto Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio. “Per garantire il funzionamento della funivia del Mottarone molte deleghe erano state affidate dai vertici al caposervizio Gabriele Tadini. E il personale seguiva delle regole precise imposte da lui”. Questo uno dei punti al centro del dibattito focalizzato sulle esigenze cautelari e non sulla gestione complessiva della funivia. Secondo le difese anche le nuove testimonianze raccolte dagli inquirenti (compresi i file audio delle conversazioni avute nel 2019 dall’ex dipendente) non permettono di cambiare lo scenario. Quanto a Perocchio non è possibile nemmeno parlare di rischio di reiterazione del reato perché lo scorso giugno il tecnico è stato(a titolo cautelativo sospeso dall’Ustif e ha temporaneamente lasciato i suoi incarichi, tra cui quello di direttore di esercizio degli impianti di Rapallo e del Pisa Mover.

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