Politica

Pd, Schlein già in cerca della “fase 2” Ma sulle alleanze il partito è bloccato

Disorientato in Italia, dove le ripetute sconfitte alle amministrative – l’ultima in ordine di tempo, quella di domenica scorsa in Molise – hanno lasciato il segno nonostante la sicurezza ostentata pubblicamente, il Partito democratico ha scelto di cercare una sponda a Bruxelles per rilanciare, fra mille mal di pancia interni, l’iniziativa politica. E proprio dalle stanze delle istituzioni europee la segretaria Elly Schlein è tornata ad alzare il tiro sul governo. Lo ha fatto dopo che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preso parte alla “due giorni” del Consiglio europeo in cui si è parlato di Mes, Pnrr, gestione dei flussi di migranti, guerra in Ucraina. Ma è sulla decisione della Bce di rivedere al rialzo i tassi di interesse che si è concentrato l’attacco del premier e, di conseguenza, il contrattacco di Schlein e del suo partito. Se per Meloni è “una ricetta semplicistica” quella con cui la Banca centrale europea vuole arginare l’inflazione, aumentando senza sosta i tassi d’interesse – “Una cura che rischia di essere peggiore della malattia”, l’ha definita – il Pd punta l’indice proprio verso l’esecutivo: “Meloni non è una commentatrice, è il presidente del Consiglio”, interviene Peppe Provenzano, deputato e responsabile Esteri del Pd. Il deputato ed ex ministro Andrea Orlando rincara: “Le parole del nostro premier non paiono però aver convinto la Lagarde e, mentre le banche realizzano extraprofitti record, le famiglie e le imprese, soprattutto quelle più piccole, rischiano di essere strangolate dall’aumento del costo del denaro”. Per Schlein si tratta di un “nuovo scaricabarile” nei confronti di un altro “capro espiatorio del governo”, individuato questa volta nella Banca centrale europea. Al contrario, ha sottolineato, il Pd propone tre interventi: rendere strutturale il taglio al cuneo fiscale, un intervento per arginare il caro affitti e una legge sul salario minimo. È su quest’ultimo provvedimento, il salario minimo, che sono riposte le residue speranze dei dem di mettere insieme le opposizioni in Parlamento. Il testo base unitario tanto inseguito in questi tre mesi di opposizione sembra alla portata dopo l’incontro fra gli esponenti di Pd, M5S, Avs e Azione. La strada per costruire una credibile alternativa alla destra di governo appare, però, ancora lunga. E d’altra parte è la stessa Schlein a ripetere che il centrosinistra non si ricostruisce in tre mesi. La prima cosa da fare, per la leader dem, è “ricostruire il rapporto con quei ceti in difficoltà che hanno rinunciato ad andare a votare”. È quella l’alleanza che interessa a Schlein. Intanto, però, nella minoranza – ma anche in pezzi di maggioranza che non fanno parte del cerchio stretto di Schlein – si continua a riflettere su cosa non ha fin qui funzionato. “È la narrazione che pesa sui risultati più dei singoli provvedimenti”, spiega una fonte della minoranza interna per la quale “il racconto è quello di una sinistra movimentista prima ancora che quello di un partito che aspira a governare il Paese. Anche se, nei fatti, non è così”, viene aggiunto. In altre parole, lo standing della segretaria rischia di essere troppo “radicale” e poco attrattivo per quella fetta di elettorato, moderato e riformista, verso il quale la minoranza dem chiede ancora di guardare. Ma non ricade esclusivamente sul Pd la responsabilità della costruzione di questa alternativa: “Noi siamo al centro di questo lavoro, ma è difficile costruire qualcosa se i Cinque Stelle vanno malissimo, come abbiamo visto in Molise”. E non è che a guardare verso il Terzo Polo ci sia da sorridere: “Anche Calenda non ottiene i risultati sperati e Italia Viva non riesce nemmeno a eleggere un suo consigliere in Molise”, si osserva ancora. Dunque, il tema delle alleanze è da rimandare. È a valle di un consolidamento del Partito democratico che deve avvenire guardando all’elettorato di sinistra e a quello moderato, spiegano ancora fonti della minoranza: “Dobbiamo tornare a dialogare con i ceti produttivi, con il Nord del Paese, che fino a oggi hanno cercato rappresentanza nel Terzo Polo. Se il Pd non fa questo rischia di sbilanciarsi e di non assolvere alla propria funzione”.

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