Medicina

Pfas prima causa di morte tra le malattie cardiovascolari

Rappresentano una calamità sanitaria mondiale ampiamente conosciuta dalla comunità scientifica internazionale i Pfas, o acidi perfluoroacrilici, utilizzati in una vastissima gamma di prodotti, dai tessuti tecnici  alle padelle antiaderenti ai tappeti alla carta ai rivestimenti per contenitori di alimenti ai cosmetici ai sanitari ecc., rendendoli resistenti ai grassi e all’acqua, per la loro persistenza nell’ambiente e la loro capacità di accumularsi negli organismi viventi, inclusi gli esseri umani, in particolari organi (fegato, scheletro, sangue), permanenti anche per un decennio, forever chemical.  Fra i capi di imputazione: aspetti materno-fetali (poli-abortività, basso peso alla nascita, nati pre-termine, endometriosi), fertilità maschile e femminile, ipercolesterolemia e diabete, osteoporosi, tireopatie, alterazioni cardio-e cerebro-vascolari, riduzione della risposta immunitaria e alterazioni nervose, tumori.

Si stimano più di duemila aree in Europa nelle quali la concentrazione ambientale di PFAS supera i livelli considerati di sicurezza per la salute umana. Va evidenziato che queste manifestazioni sono particolarmente evidenti nelle zone esposte a importante inquinamento industriale da Pfas -eclatanti Solvay di Alessandria e Miteni di Vicenza- ma è interessante considerare che anche i bassi livelli di queste sostanze riscontrabili nella popolazione generale possono costituire un fattore di rischio. Dunque vanno messe al bando.

Si inserisce nella sterminata letteratura scientifica (Pubblicato sulla rivista internazionale “Toxicology Reports) il nuovo studio firmato da Carlo Foresta, già professore di Endocrinologia all’Università di Padova e presidente della Fondazione Foresta Onlus, con Alberto Ferlinordinario di endocrinologia, e Nicola Ferri, ordinario di farmacologia, condotto con Luca De Toni e Andrea Di Nisio del dipartimento di Medicina,  che ha confermato che nelle aree contaminate da Pfas, la percentuale di individui con alti livelli di colesterolo nel sangue è più del doppio rispetto alla popolazione generale di controllo (il 57% contro il 22%).  Questo dato è particolarmente allarmante, poiché elevati livelli di colesterolo sono associati a un aumento del rischio di malattie cardiache, compreso l’infarto.

In particolare, lo studio ha evidenziato il meccanismo attraverso il quale questi composti interferiscono con il processo di assorbimento cellulare del colesterolo dal sangue: interagiscono con le membrane delle cellule del fegato e ostacolano l’assorbimento normale del colesterolo, causando un aumento dei livelli circolanti. Una delle scoperte chiave dello studio è che l’effetto nocivo dei Pfas sul colesterolo è dovuto a una ridotta plasticità delle membrane cellulari: questo compromette la capacità delle cellule di funzionare correttamente nei meccanismi di assorbimento del colesterolo. In sintesi, i Pfas creano un ambiente cellulare sfavorevole che contribuisce all’aumento del colesterolo nel sangue, causando disfunzioni epatiche cellulari, portando all’ipercolesterolemia: il principale fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche, prima causa di morte tra le malattie cardiovascolari, davanti a fumo di sigaretta, diabete, ipertensione e obesità.

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