La guerra di Putin

  Quanto è profonda la ferita nell’esercito russo? Sussurri, grida e tanta nebbia

di Giuliano Longo

Analisi, commenti, ma soprattutto spifferate dei servizi segreti americani alzano ancora più nebbia sullo stato reale dell’esercito russo: connivenze con l’esule Prigozin, arresti di generali, crisi al Cremlino e indebolimento di Putin (cui, secondo alcuni organi di stampa, non mancherebbe nemmeno il cancro). Di più concreto c’è il fatto che l’intelligence americano e lo stesso Putin erano a conoscenza dei piani del padrone della Wagner. Con la possibilità di un gioco di sponda tra Mosca e Washington  dimostrato dalla cautela con la quale la Casa Bianca ha commentato gli eventi sui quali ha rigettandoneogni responsabilità. In effetti la destabilizzazione della Russia e la sua caduta in un possibile caos non avrebbe giovato nemmeno a Kiev nonostante i gridolini di gioia di Zelensky che sicuramente era informato del “cuartelazo” dell’ ex cuoco di Putin, per il semplice fatto che la sua intelligence, lo SBU,  c’era dentro fino al collo e probabilmente complice. Ma oltre a quel poco reso noto da fonti russe, artatamente pilotate, in questo momento ci troviamo in un territorio sconosciuto dove la dizinformacija dell’una e l’altra parte regna sovrana. Sulla gravità e dei pericoli rappresentata dall’ammutinamento fu estremamente chiaro quando Putin, che non era certamente all’oscuro delle intenzioni di Prigozin e ha deciso una linea dura per reprimere l’avanzata verso Mosca dei “musiciti”,  parlando di rischi di “guerra civile” come nel 1917 e di un conflitto“”fratricida”. Parole inequivocabili che evocano la crisi di un sistema paragonabile a quelladel 1993. quando Boris El’cin  prese a cannonate  il Soviet Supremo della Federazione Russa, causando forse 800 morti fra generali, con kalashnikov in pugno e deputati ribelli, insediandosi saldamente al potere  sancito da un precedente referendum popolare. Ma anche il 23 giugno ci sono stati mortifra l’esercito russo con l’abbattimento, da parte dei Wagneriti di un numero imprecisato di elicotteri e forse aerei sopra i cieli di Rostov sul Don. Prigozhin va in esilio in Bielorussia “ospite” da Lucashenko che qualche giorno dopo lancia un messaggio che certa stampa russa ha definito ambiguo perchè riferiva di “punti dolenti” non sanati che potrebbero portare al disastro. Sul ruolo dell’autocrate bielorusso si sa poco, quello che invece sanno bene gli ucraini è che centinaia di Wagneriti addestrati e e armati bivaccano non molto distanti dal loro confine. Nel frattempo  l’esule torna per poche ore a Mosca dalla Bielorussia per definire più in dettaglio il futuro della sua compagnia mercenaria che, priva del robusto sostentamento di Mosca, cesserebbe l’attività anche in Africa e da qualche altra parte del mondo. Prigozhin sembra fare affidamento sulla promessa di Putin di non fargli del male (ma si vedrà) e va e viene con il suo jet un Embraer Legacy 600, soggetto a sanzioni occidentali e qualche milione di dollari per le spese essenziali nel corso dell’esilio.  Sin qui i fatti noti, meno noto  è quanto avvenuto il 27 giugno a nord di Bakhmut,dove gli ucraini hanno fatto alcune avanzate contro le forze russe, trincerate per impedire all’Ucraina di prendere i fianchi e formare una tenaglia intorno a quella città. Mentre le forze ucraine montavano il loro attacco, facilmente visibile dalla parte russa, l’artiglieria è rimasta in silenzio senza alcuno sforzo per sostenere i difensori. Questo è abbastanza fuori dal comune, dal momento che l’esercito russo basa una parte significativa della sua capacità difensiva sugli attacchi di artiglieria. Questa mancanza di supporto potrebbe significare che nessun comandante russo locale è a capo delle forze di artiglieria e missili nell’area perché potrebbero essere stati arrestati o epurati.

Una spiegazione alternativa è che l’artiglieria fosse necessaria altrove poiché l’Ucraina sta rafforzando la sua controffensiva nell’area di Zaporizhzhia. Tuttavia gli ucraini  hanno attaccato intorno a Bakhmut per un paio di settimane, quindi il ritiro dell’artiglieria sembra improbabile. Ma ancora più eclatanti sono le notizie di blogger militari russi, confermate oggi dalla stampa occidentale, secondo le quali  il generale Sergey Surovikin e il suo vice colonnello generale Andrey Yudin,  sono stati rinchiusi  della prigione di Lefortovo a Mosca per un interrogatorio “preliminare”.  Ciò è accaduto prima che il New York Times affermasse che l’intelligence statunitense riteneva possibile che Surovikin fosse coinvolto nei preparativi dell’operazione Prigozhin-Wagner.

Evidentemente se Surovikin e Yudin sono stati arrestati, è in corso una vera e propria crisi  nella leadership dell’esercitoe lo stesso New York Times ha suggerito che altri generali potrebbero essere implicati.Una vera e propria purga che evoca quelle di Stalin prima e poco dopo l’invasione tedesca. E’ noto che  Surovikin fece una videochiamata alle forze Wagner affinché interrompessero il  “pronunciamiento”  e tornassero ai loro accampamenti. Ci si chiede se questo video abbia effettivamente raggiunto le forze di Wagner o se sia stato preparato in modo che Surovikin potesse negare in modo plausibile che faceva parte del “golpe”. Certamente una delle stranezze del video è che il generale imbracciava  una pistola automatica sotto il braccio destro, ma per difendersi da chi?

Un esercito in crisi nelle sue strutture di comando? Se così fosse verrebbe minata la leadership di Putin che dovrà contenere la situazione, placare i generali e sbarazzarsi solo di poche mele marce per sopravvivere  sopravvivere, con l’inevitabile codazzo  codazzo di feroci vendette, come d’uso nella “santa madre Russia”.

Senza dimenticare che Vladimir dispone una sua guardia presidenziale e una squadra di sicurezza progettate per proteggerlo, anche se d’ora in poi dovrà guardarsi alle spalle.

Nella stessa Ucraina, le forze russe negli ultimi due giorni hanno subito due o tre battute d’arresto lungo la linea di contatto, ma a parte il fianco di Bakhmut, sembrano operare normalmente.

Gli osservatori affermano che l’Ucraina eserciterà una grande spinta nella prossima settimana nel tentativo di ottenere una sorta di vittoria significativa da mettere sul piatto del prossimo Consiglio Nato a Tallin.

L’adesione alla NATO rappresenta  un accordo di difesa collettiva e l’articolo 5 richiede consultazioni nel caso in cui uno stato membro venga attaccato, ma non garantisce una risposta rapida né detta cosa verrà fatto. Inoltre, richiede un voto unanime non garantito da alcuni membri dell’Alleanza.

Tuttavia offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina è un’altra cosa. Aggira il fondamento della difesa collettiva dell’Alleanza e pre-impegna la NATO a venire in difesa dell’Ucraina,  qualcosa di nuovo che lo stesso segretario Stoltenberg ha preannunciato. Se così fosse si tratterebbe di un impegno a tempo indeterminato senza alcun voto successivo dei membri. Un enorme cambiamento nella natura dell’alleanza subordinato alle decisioni del convitato di pietra alla Casa Bianca. Ci si chiede se questa soluzione sia un altro colpo alla sopravvivenza politica (se non fisica) di Putin oppure offra il destro ad un’altra impopolare mobilitazione, affidando all’esercito il compito di “salvare” la Russia.

Una ipotesi che affiderebbe ai militari un ruolo sinora sconosciuto sin dai tempi dell’Armata Rossa di Lenin e Trozky dove è sempre stat la politica a guidare il corso degli eventi militari e non il contrario.

Lo capiremo presto.

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