Esteri

Taiwan, la via pacifica di Pechino alla riunificazione 

di Giuliano Longo

 

Qualche settimana fa, il Comitato centrale del Partito comunista cinese e il Consiglio di Stato hanno pubblicato  un documento congiunto di pianificazione contenente 21 punti per trasformare la provincia del Fujian in una zona pilota per lo “sviluppo integrato” con Taiwan.

 

Questo concetto era già stato menzionato nel 14° Piano quinquennale (2021-2025), che delineava un ruolo specifico per il Fujian nello “sviluppo integrato tra le due sponde dello Stretto”.  Il piano menziona due piattaforme esistenti per tale integrazione: la zona sperimentale globale di Pingtan nel Fujian e la zona sperimentale di Kunshan nella provincia di Jiangsu.

Pingtan è un’isola appena fuori dalla costa di Fuzhou, la capitale del Fujian. Nel 2007 è iniziata la costruzione di un ponte dalla terraferma del Fujian a Pingtan. Attualmente sono stati aperti un ponte stradale e uno ferroviario. Una spiaggia di Pingtandista solo 68 miglia nautiche dall’isola principale di Taiwan.

Il nuovo documento si apre con l’affermazione che “risolvere la questione di Taiwan e realizzare la completa riunificazione della Cina è, per il Partito, una missione storica e un impegno incrollabile” ed  “inevitabile”.

Ma Pechino guarda  a un progetto di “riunificazione pacifica”dopo che il  modello “un paese, due sistemi” di Hong Kong ha reso necessarie nuove soluzionida presentare ai  ai taiwanesi.  “Un paese, molti sistemi”potrebbe essere la soluzione per tutelare l’autonomia di Taiwan, diversa dalle garanzie concesse concesse a Hong Kong.

I 21 punti del documento prevedono  programmi per espandere i legami sociali, culturali ed economici tra Taiwan e il Fujian in e l’impegno un ambiente politico più “rilassato”,in modo che le persone di Taiwan possano facilmente recarsi o lavorare e risiedere nel Fujian.

I residenti taiwanesi non dovranno più registrarsi per la residenza temporanea nel Fujian e saranno inclusi nello schema del welfare locale, compresi l’assistenza sanitaria e l’accesso ai servizi per i cittadini. L’idea è quella di promuovere e facilitare gli scambi a tutti i livelli, compresi quelli economici e culturali.

Un ruolo cruciale nel piano  lo ricoprono le infrastrutture e i mezzi di trasportocon il il collegamento con Kinmen e Matsu,due piccoli arcipelaghi amministrati da Taipei, ma che si trovano a pochissimi chilometri di distanza dalle coste del Fujian.

Allo studio già da tempo la costruzione di ponti per unire Kinmen a Xiamen(metropoli che dista solo 2 chilometri dalle Matsu a Fuzhou. IL governo locale delle Matsu è favorevole al progetto , nonostante a Taipei ritenga che la realizzazione di ponti possa  essere il primo passo verso una unificazione forzata.

Ma Pechino non molla e pianifica la futura unificazione tanto che ormai circola un progetto la costruzione di una ferrovia ad alta velocità per Taiwan come parte delle sue ultime proposte per lo “sviluppo integrato dello Stretto”, elaCina ha già le capacità ingegneristiche e tecniche per costruire un collegamento dal Fujian. .

Pechino sa che azioni militari prima delle elezioni taiwanesi rischiano di favorire  i candidati a lei più ostili, quindi risultano più utili approcci sul fronte del commercio, dell’economia o dell’informazione.

In questa ottica il governo cinese ha prorogato di tre mesi, fino alla vigilia delle elezioni presidenziali, un’indagine su quelle che definisce le barriere commerciali di Taipei nei confronti della Cina.  L’indagine prevede la sospensione totale o parziale delle già favorevoli tariffarie concesse ai prodotti taiwanesi nell’ambito dell’accordo firmato nel 2010, quando a Taipei governava il presidente Ma Ying-jeou del Kuomintang, fautore di un  riavvicinamento a Pechino.

Queste  manovre economiche e normative sono osservate con  attenzione da molti taiwanesi. L’economia di Taipei è ancora strettamente legata a Pechino, che rappresenta il suo principale partner commerciale e su questa leva punta Pechino.

Ma oltre alla carota c’è anche un po di bastone. Come riferisce “Global Times” domenica 22 ottobre i media statali cinesi riportano di un’ondata di controlli nei confronti delle filiali chiave di Foxconn, la multinazionale taiwanese  principale assemblatrice e produttrice al mondo di componenti elettronici.

La verifica di eventuali violazioni della legge cinese (che appare per ora di natura fiscale, più i diritti di utilizzo dei terreni occupati dagli impianti), sottolinea il Global times, rientra “nelle normali attività di supervisione del mercato, che sono ragionevoli e l

Non a caso la mossa arriva poco dopo l’annuncio di nuove restrizioni su chip e intelligenza artificiale da parte della Casa Bianca e Foxconn ha iniziato da qualche tempo a delocalizzare dalla Cina  alcune delle sue linee produttive, con investimenti soprattutto in India e Vietnam.

Con questa mossa Pechino  lascia intendere che la strategia di riduzione del rischio promossa dall’Occidente, potrebbe non restare priva di conseguenze, nemmeno per quei colossi tecnologici considerati fin qui intoccabili.

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