Mentre il mondo attende il piano di pace di Donald Trump che sta introducendo un cambiamento radicale cambiamento nella politica estera americana, almeno per i i prossimi quattro anni.
Trump è molto chiaro quando afferma che d’ora in poi, il sostegno di Washington a qualsiasi paese sarà condizionato. Nessun aiuto militare o economico americano sarà una strada a senso unico. Il beneficiario dell’aiuto, anche se è un alleato o un partner, deve contribuire alla sicurezza, alla resilienza economica o alla capacità industriale americane. Per questo motivo, le relazioni di Washington con il resto del mondo saranno sempre più di tipo contrattuale, piuttosto che basate su valori o ideologie.
In base a questo principio, se Trump vuole aiutare l’Ucraina per la sua sopravvivenza, allora anche Kiev deve investire nel futuro dell’America consentendone l’accesso ai suoi preziosi minerali, vitali per la difesa degli Stati Uniti e le sue industrie ad alta tecnologia. Trump è stato inequivocabile in questo senso, non come Biden che ha fornito incondizionatamente all’Ucraina circa 300 miliardi di dollari, tra cui 65,9 in assistenza militare dopo.
Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca il 3 febbraio, Trump ha detto che vuole rendere equo il rapporto con Kiev precisando “stiamo cercando di fare un accordo con l’Ucraina in cui si assicureranno ciò che stiamo dando loro con le loro terre rare e altre cose”.
I minerali delle terre rare di cui parlava il Presidente si riferiscono a un gruppo di 17 elementi apprezzati per le loro proprietà magnetiche ed elettrochimiche uniche. Sono utilizzati in molti prodotti moderni, dagli smartphone ai computer, alle batterie dei veicoli elettrici, alla tecnologia energetica all’avanguardia, nei missili e nei farmaci per il trattamento del cancro. Elementi che per ora la Cina esporta parzialmente.
Gli Stati Uniti identificano 50 minerali come fondamentali per la loro economia, di cui, per almeno 12 di questi elementi dipendono al 50% dall’import, L’Ucraina ha depositi di 22 di questi 50 materiali critici ed è particolarmente ricca di grafite, litio, titanio, berillio e uranio. (vedi articolo ORE 12 dell’9 febbraio).
Un report del 2024, dell’United States Geological Survey ha stimato che ci sono 110 milioni di tonnellate di depositi di terre rare in tutto il mondo, di cui 44 in Cina – di gran lunga il più grande produttore mondiale, seguito dal Brasile con 22 milioni di tonnellate, il Vietnam con 21, la Russia con e l’India con 7 milioni di tonnellate.
Tuttavia, estrarli non è facile in quanto richiede un uso chimico pesante, con conseguenti enormi quantità di rifiuti tossici che causano un grave degrado ambientale. Inoltre, poiché si trovano in concentrazioni minime di minerali, grandi quantità di roccia devono essere lavorate per produrre il prodotto raffinato, spesso in polvere.
Se la Cina ha assunto un ruolo guida in questo settore, ci sono due ragioni significative. La prima è il suo sistema politico non sempre soggetto a un un rigoroso controllo ambientale che è richiesto nei paesi democratici, per quanto riguarda le operazioni di estrazione e raffinazione.
L’altro perché è probabile che la Cina abbia depositato un gran numero di brevetti sulla produzione di terre rare, ostacolando le aziende di altri paesi che sperano di operare su larga scala.
Pertanto molte aziende trovano più economico spedire il loro minerale non trasformato in Cina per la raffinazione, rafforzando ulteriormente la dipendenza del mondo da Pechino. In questo contesto, ridurre la dipendenza dalla Cina nella catena di approvvigionamento delle terre rare sta diventando sempre più un imperativo globale.
Ovviamente l’attenzione di Trump sulle riserve minerarie ucraine è comprensibile per ridurre la dipendenza degli americani da un regime ritenuto ostile e che. in un certo senso, danneggia anche la Russia, fortemente presente nella produzione mineraria critica.
Kiev ha accolto con favore le idee di Trump. La sua logica è che sviluppando la produzione dei suoi minerali critici con l’aiuto americano, si assicura un flusso di entrate vitale per affrontare lo sforzo bellico e la futura ricostruzione. Trump invece ha intravisto il pericolo che le risorse strategiche ucraine, se non aiutate, possano finire nelle mani non solo della Russia, ma anche del suo partner strategico, la Cina.
Zelensky è aperto incondizionatamente al piano di Trump. “L’Ucraina era aperta agli investimenti da parte dei partner che ci aiutano a difendere la nostra terra e a respingere il nemico con le loro armi, la loro presenza e i loro pacchetti di sanzioni. E questo è assolutamente giusto” riferendo di aver già discusso la questione con Trump e la sua squadra che a breve si recherà a Kiev.
Ma, come scritto nel precedente articolo citato c’è un problema, perché molte di quelle riserve di minerali preziosi sono concentrate nell’est e nel sud del paese, le stesse aree che sono state più duramente colpite dalla guerra, molte delle quali ora occupate dall’esercito russo. QuindiMosca non accetterà mai ristetuirle a Kiev perché rappresenterebbe una vittoria di Zelensky.
Charlton Allen, ex amministratore delegato e amministratore delegato della North Carolina Industrial Commission e fondatore del Madison Center for Law & Liberty, sostiene che la “rivoluzione” di Trump segna l’inizio di un nuovo approccio diplomatico, in cui il sostegno degli Stati Uniti è dato solo condizioni chiare, non come un sussidio più omeno gratuito.
Per decenni, la politica estera degli Stati Uniti ha seguito il modello del Piano Marshall, trattando gli aiuti come un atto di buona volontà a senso unico e aspettandosi un ritorno “politico”. L’approccio di Trump capovolge quel modello. Gli investimenti statunitensi di miliardi in aiuti militari e finanziari devono produrre vantaggi strategici, sia nel conflitto attuale che nella sicurezza a lungo termine e nella resilienza economica a lungo termine dell’America.
Nel caso dell’Ucraina diventano irrilevanti gli appelli per “salvare la democrazia e la libertà”. Per i sostenitori della “Realpolitik” americana quella di Trump è la realpolitik del XXI secolo, in un mondo in cui la leva economica è vitale quanto il potere militare.
L’Ucraina rappresenta quindi solo l’inizio per smantellare il vecchio modello secondo il quale i dollari dei contribuenti scorrevano verso l’esterno con poche aspettative di ritorno. Ora gli Stati Uniti devono negoziare con forza, garantirsi vantaggi e rafforzare la loro posizione globale. Sarà bene che l’Europa se ne renda conto e in fretta, più di quanto sta per ora balbettando.
GiElle
aggiornamento la crisi russo-ucraina ore 13.42