Esteri

Tunisia a un passo dal default e gli abitanti tentano a centinaia la rotta italiana

 

di Fabio Marco Fabbri

La “rivoluzione dei Gelsomini”, che nel 2011 pose fine dopo 24 anni al regime dispotico di Zine Ben Alì in Tunisia ,  è oggi  in profonda crisi e gestito con il pugno di ferro dal presidente della Repubblica Kaies Saied. Eletto a furor di popolo nell’ottobre del 2019 come indipendente, due anni dopo, Saied ha esautorato il governo e congelato il parlamento, attribuendosi pieni poteri. Nel luglio 2022Saied è riuscito a far approvare un nuovo testo costituzionale che concede alla Presidenza ampissimi poteri.
Sul nuovo testo si sono pronunciati solo il 30% degli elettorie nelle scorse settimane sono stati ancor meno i tunisini hanno votato nelle il 29 gennaio nelle elezioni legislative, appenal’11% .
 La popolarità di Saied è ancora superiore al 50%, dicono i sondaggi, mentre l’autocrate mette il bavaglio all’opposizione denunciando improbabili complotti. Nei giorni scorsi il capo dello Stato ha avviato retate di esponenti politici, imprenditori, giudici, sindacalisti e giornalisti accusati di «aver cospirato contro la sicurezza dello stato». 
Saied afferma che «la libertà di espressione è garantita e non c’è alcun legame con questi arresti, che piuttosto sono legati al “complotto e alla corruzione”, ma la realtà è che il giro di vite del presidente avviene nel momento in cui la popolazione e travagliata da una crisi economica sempre più grave e centinaia di tunisini cercano la fortuna in Italia sui barchini.  Molti prodotti alimentari di base – come lo zucchero, il latte e il caffè – sono diventati inaccessibili a molti e  risultano spesso introvabili. Il paese è privo di s risorse naturali, con una siccità sempre più cronica ed è costretto ad importare dall’estero il grano che serve per fare il pane distribuito alla popolazione a prezzi calmierati.
 Lasituazione economica in Tunisia non era stata così grave dagli anni ’50 del secolo scorso, colpita prima dalla pandemia e poi dalle conseguenze del conflitto in Ucraina, ha  un debito che nel 2021 aveva raggiunto quota 40 miliardi di euro e l’80% del Pil. Il Fondo Monetario Internazionale ha deciso di ritardare l’approvazione finale di un prestito di circa 2 miliardi  di dollari, inizialmente previsto il 19 dicembre. Se anche a marzo l’istituzione finanziaria gestita da Washington, dovesse concedere il prestito, il paese dovrebbe riuscire ad ottenere altri 3 miliardi per mettersi al riparo dal default. Saied  ha sollecitato i paesi creditori a cancellare i debiti del paese e a restituire i “fondi saccheggiati” per placare gli appetiti del Fondo e del Club di Parigi, che in cambio di una dilazione delle rate chiederebbe la sua testa, almeno così dice lui.
Per concedere il prestito, al governo di Tunisi il Fondo Monetario ha già preteso l’eliminazione dei sussidi concessi alla popolazione per l’acquisto di cibo e carburante, il taglio della spesa pubblica per la sanità, l’istruzione e la protezione sociale, nonché la privatizzazione delle principali aziende pubbliche. A proposito che ne è stato delle “primavere arabe” di cui la Tunisia fu antesignana? Non è che l’Occidente aveva fatto male i calcoli?

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