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Al Colosseo, i segreti della Colonna Traiana. Inaugurata la mostra che ne racconta la storia

di Sara Valerio

A poco meno di duemila anni di distanza si celebrano i fasti e la costruzione della Colonna Traiana, con la mostra ‘La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo’ organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo e dal Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza, visitabile al secondo ordine del Colosseo fino al 30 aprile 2024.

Inaugurata 1910 anni fa, il 12 maggio del 113 d.C., la Colonna, dal diametro di 3,83 metri, è alta 39,86 metri a ricordare l’altezza della sella collinare presente in quel punto, prima dello sbancamento per la costruzione del Foro. È considerata uno dei più significativi monumenti della Roma imperiale: lungo un fregio spiraliforme di circa 300 metri scolpito nel marmo di Carrara, 155 scene e 2570 figure ripercorrono nei dettagli le due campagne militari dell’Optimus Princeps in Dacia (101-106 d.C.), l’attuale romania.

Sin dalla sua progettazione e costruzione rappresentò una sfida per l’ingegno umano: l’estrazione del marmo dalla cava di Carrara, il trasporto via terra, via mare e via fiume e infine la lavorazione e posa in opera dei blocchi nel cantiere del Foro di Traiano. Marmi del peso di circa 40 tonnellate, sovrapposti in modo da combaciare, fino a comporre il disegno dei famosi rilievi a nastro, ma anche i gradini della scala a chiocciola interna, che doveva già essere stata scavata nei rocchi prima della collocazione. Nel cantiere del Foro la struttura venne infatti svuotata dall’interno come una gigantesca vite di Archimede, per ricavarne una stupefacente scala di 185 gradini. Un’opera di ingegneria di complessità inaudita, che testimonia i vertici elevatissimi raggiunti dalla civiltà romana nell’arte del costruire.

A ideare e realizzare questa straordinaria opera era stato Apollodoro di Damasco, il geniale e innovativo architetto e ingegnere di origine siriana, che ebbe l’intuizione di fondere, a dimensioni colossali la struttura di una colonna celebrativa con quella di un libro («volumen»), che i Romani realizzavano avvolgendo lunghi papiri attorno a un asse centrale. Sulla gigantesca Colonna il «volumen» si distende il fregio istoriato, scolpito da un artista di genio non ancora identificato, che passa col nome del Maestro delle imprese di Traiano.

Il “racconto di un simbolo” come recita il titolo della mostra, diventa anche il racconto dell’ingegno umano, della sfida tecnologica all’epoca in cui Roma raggiunse il massimo dell’espansione territoriale.

Storia, arte e tecnica si intrecciano lungo l’itinerario di visita, che presenta reperti archeologici, disegni, antichi strumenti, fotografie realizzate durante la campagna di restauro ancora in corso, ma anche contenuti multimediali e modelli delle grandi macchine da cantiere di epoca romana, ricostruite dallo scultore Claudio Capotondi. Si vedono modelli ricostruttivi, non solo della Colonna stessa ma anche delle macchine per il trascinamento e sollevamento dei blocchi colossali, così come delle funi e dei sistemi di aggancio e gli strumenti, compassi, squadre, argani, manovelle, fili a piombo rinvenuti nei contesti di scavo e ad esse riferibili.

L’allestimento vuole narrare e spiegare la funzione simbolica universale del monumento con due registri narrativi: quello più propriamente storico e artistico, con la ricostruzione del fregio in scala 1:1 le cui spire si avvolgono sui pilastri del Colosseo, separate nel racconto della prima e seconda guerra dacica dalla Vittoria che scrive sullo scudo riprodotta nel calco dei Musei Vaticani; e quello invece più specificamente tecnico, con le tappe della lavorazione del marmo, fino ad arrivare all’idolatria e all’uso politico dei sovrani d’Europa che ne pretesero la riproduzione attraverso la tecnica della calcatura.

La funzione simbolica di quest’opera si traduce infatti molto presto nella sua replicabilità e come raccontato nell’ultima sezione, oggi il patrimonio di disegni, stampe e riproduzioni, ma soprattutto il patrimonio di calchi che dalla metà del XVI secolo e fino al XX secolo hanno invaso l’Europa, le corti e le collezioni dei principali musei della Francia, della Romania, dell’Italia, testimoniando dunque la fortuna della Colonna, da monumento politico, a oggetto dal forte valore didattico e formativo, fino al destino di replica e copia.

Un’opera politica, simbolica, ingegneristica, narrativa e scultorea, sopravvissuta, oltre ai millenni, a tre terremoti, rimanendo intatta superstite del foro traianeo che il tempo ha sbriciolato attorno a le. Un monumento unico e irripetibile e per questo oggetto ormai da quarant’anni di restauri e manutenzioni, ma anche di estese campagne di documentazione fotografica, rilievi e riprese 3D fotogrammetriche.

Nel 1787 Goethe, durante la sua permanenza a Roma, racconta di essere salito sulla sua sommità e di aver visto da lì il panorama della capitale: “Salii verso sera sulla colonna Traiana, da cui si gode un panorama incomparabile. Visto di lassù, al calar del sole, il Colosseo sottostante si mostra in tutta la sua imponenza; vicinissimo è il Campidoglio, più addietro il Palatino e il rimanente della città.”

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