Edoardo Ferrara di 3bmeteo.com: “l’anticiclone subtropicale determina temperature ben oltre le medie su gran parte d’Italia ma non ovunque: laddove resiste l’inversione termica rimane freddo con nebbie, inquinanti e stamattina anche qualche caso di neve chimica. Vediamo di cosa si tratta”
ANTICICLONE IN INVERNO SIGNIFICA SPESSO INVERSIONE TERMICA – In queste giornate caratterizzate dall’anticiclone subtropicale abbiamo parlato di temperature miti per il periodo e spesso sopra la media, non propriamente invernali. “Tuttavia vi sono delle aree dove il freddo invernale resiste, con anche intense gelate: non si tratta di freddo provocato da irruzioni artiche o continentali, ma indotto in loco dal cosiddetto processo di inversione termica, quanto basta per domandarsi da chi ne è coinvolto dove siano queste temperature miti visto che fa freddo. Facciamo dunque chiarezza su questa dinamica” – spiega il meteorologo di 3bmeteo.com Edoardo Ferrara. QUANDO FA PIU’ FREDDO IN PIANURA CHE IN COLLINA E MONTAGNAE, ECCO COME – “In Italia sovente siamo interessati dall’anticiclone subtropicale anche in inverno, dunque caratterizzato dall’afflusso di masse d’aria mite o calda. Queste si palesano con facilità in estate ma in inverno possono trovare un ostacolo: laddove la configurazione orografica lo permette, quindi vallate alpine/appenniniche e in generale la Valpadana che è chiusa per tre quarti da Alpi e Appennino, l’aria fredda sedimenta al suolo e non si avverte la mitezza” – prosegue Ferrara di 3bmeteo.com – “Durante infatti le lunghe notti invernali la superficie si raffredda per il cosiddetto irraggiamento notturno, accumulando dunque aria fredda che si stratifica e sedimenta in quanto più pesante dell’aria calda. Questo processo di sedimentazione e accumulo viene favorito da due fattori: in primo luogo dall’assenza di vento, tipico delle giornate anticicloniche, che quindi non rimescola l’aria; in secondo luogo come già accennato dalla configurazione orografica giusta, ovvero una valle chiusa anche se vasta come la Valpadana, un fattore che ne limita la dispersione. In questa circostanza dunque l’aria calda pilotata dall’anticiclone letteralmente ‘galleggia’ sopra lo strato di aria fredda che viene a crearsi in pianura, creando la condizione di inversione termica: in Pianura Padana nei primi 200-300 metri di altezza l’aria è fredda, mentre a partire dalle quote collinari e in montagna le temperature anziché calare con la quota aumentano. RISTAGNO DI UMIDITA’, INQUINANTI, NEVE DA NEBBIA/NEVE CHIMICA – “La sedimentazione dell’aria fredda nei bassi strati determina inoltre altre due dinamiche: il ristagno di umidità che condensa più facilmente in aria fredda, con la formazione della nebbia, ma anche il ristagno di inquinanti. Le polveri sottili emesse in larga parte dalle attività antropiche infatti per disperdersi verso l’alto devono essere trascinate dalle cosiddette correnti ascensionali, che si creano quando al suolo fa più caldo rispetto in quota e pertanto l’aria calda, più leggera, sale verso l’alto (condizione praticamente sempre verificata in estate). Ma in casi di inversione termica, come abbiamo visto, al suolo fa più freddo che in quota, dunque l’aria si stratifica e gli inquinanti rimangono intrappolati entro il cosiddetto strato inversionale, in genere nei primi 300-400m di quota. Non solo, ma laddove persiste la nebbia e le temperature sono sottozero si possono avere deboli precipitazioni nevose, non quindi indotte da una perturbazione, ma dalla nebbia stessa. Circostanza che può venire ulteriormente incentivata se vi è presenza di polveri sottili, che fungono da nuclei di condensazione per la formazione del fiocco di neve: in questi casi si ha dunque a che fare con la cosiddetta ‘neve chimica’, che può peraltro imbiancare il suolo con qualche centimetro. E’ quanto accaduto stamattina in diverse località della Pianura Padana tra cui Parmense e Veronese, non a caso aree dove l’aria è particolarmente inquinata in questi giorni”. DOVE L’INVERSIONE TERMICA E’ FAVORITA – Come già detto i presupposti per il crearsi dell’inversione termica devono essere l’accumulo e stratificazione di aria fredda nei bassi strati, condizione che viene favorita nelle aree geografiche che ne limitano la dispersione. Dunque in primis la Pianura Padana, dove non a caso riscontriamo anche la maggiore frequenza nebbiosa, ma anche le vallate alpine e appenniniche.Al contrario appena al di sopra delle valli, sui settori costieri ma anche sulle pianure aperte del Centrosud Italia, l’aria fredda è repentinamente sostituita da quella più calda. Dunque in questi giorni riscontriamo temperature basse sostanzialmente sulla Pianura Padana dove resiste la nebbia di giorno (nottetempo anche nelle vallate alpine ed appenniniche), ma per il resto le temperature diurne salgono repentinamente su valori sopra la media, e questo nella maggioranza del territorio italiano. Un esempio emblematico per spiegare la situazione: la mattina del 30 gennaio la minima di Bologna è stata sui -2/-3°C a seconda delle zone mentre sul Monte Cimone, a 2100m, è stata di ben 3°C. “Concludendo, il fatto che faccia freddo in alcune aree di pianura può essere fuorviante su una situazione che a livello generale è invece decisamente anomala per il periodo invernale, con la maggior parte del territorio italiano interessato da temperature ben oltre la norma e zeri termici che addirittura sfiorano talvolta i 3500-4000m, come in piena estate.” – conclude Ferrara di 3bmeteo.com