La guerra di Putin

Gas russo, l’UE non esulta più per l’interruzione del transito dall’Ucraina

di Giuliano Longo

Sono passati pochi giorni dalla decisione di Zelensky di chiudere il transito del gas russo, o meglio quello che ne resta verso i paesi dell’Europa orientale, e l’entusiasmo della Commissione Europea comincia a smorzarsi dopo l’aumento l’immediato aumento del prezzo dell’oro blu..

Ma esultava anche Zelensky (con il consenso degli alleati) per la (tardiva?) decisione di non rinnovare il contratto con Gazprom per il transito del gas verso la UE, 42 milioni di metri cubi al giorno, peri 14/15 miliardi di euro all’anno. Dopo ben tre anni di guerra la decisione è stata presa dper ragioni di “sicurezza nazionale” in accordo con gli Stati Uniti e alcune nazioni europee, con lo scopo tagliare ogni residua forma di legame politico, commerciale e soprattutto energetico tra Russia e UE.

Non sorprende che il presidente ucraino Volodymyr Zelenski lo abbia definito “una delle più grandi sconfitte di Mosca” ricordando che “quando Putin prese il potere in Russia più di 25 anni fa, il volume annuo di gas inviato attraverso l’Ucraina in Europa ammontava a più di 130 miliardi di metri cubi“.

Perché non è il caso di esultare con Zelensky?

Mosca è ancora oggi il nostro maggior fornitore di gas (insieme agli USA), ma a prezzi molto più elevati perché ci viene rivenduto da terzi o perché acquistato in forma liquida (GNL), quindi molto più costoso rispetto al gas trasferito via tubo.

Infatti nel 2024 le importazioni di GNL russo dell’Unione Europea hanno toccato un il record di 16,5 milioni di tonnellate, come ha ricordato recentemente il Financial Times, per il 30% acquistato sul “mercato spot”, con acquisti a breve e prezzi più bassi.

La Germania importa GNL russo dalla Francia mentre Belgio e Paesi Bassi continuano a fungere da piattaforme logistiche per il gas russo, ma le nazioni che subiranno i maggiori danni dallo stop alle forniture di gas russo dal gasdotto ucraino sono inoltre membri dell’Unione: Ungheria, Slovacchia, (che non applicano le sanzioni UE verso Mosca) Austria e più marginalmente l’Italia.

Il prezzo del gas aumenta per l’Euro e non solo per l’inverno

Un rappresentante della Commissione europea ha dichiarato anonimamente alla Deutsche Welle che “l’impatto della sospensione del transito attraverso l’Ucraina sulla garanzia della sicurezza delle forniture dell’Ue è limitato”, ma il 31 dicembre, il prezzo del gas in Europa è cresciuto del 5% alla borsa di Amsterdam superando i 50 euro per megawattora e quindi, il funzionario, ha fatto bene a restare anonimo.

Ovviamente siamo ben lontani dai prezzi speculativi raggiunti nell’estate 2022, quando venne superata quota 340 euro, ma le quotazioni attuali sono più che doppie rispetto a quello che era la norma lo scorso decennio con l’Europa che paga l’energia molto di più di qualsiasi altra Paese industrializzato del mondo.

Con la fine del transito del gas russo via l’Ucraina verrà privata di 800 milioni di dollari all’anno in commissioni da Gazprom che perderà quasi 5 miliardi di dollari nelle vendite di gas all’Europa attraverso l’Ucraina. che però compenserà facilmente la perdita finanziaria grazie ai miliardi donati dall’Europa e, fino a oggi, dagli Stati Uniti. Mentre Gazprom non avrà difficoltà a vendere ad altri clienti il suo gas che nel 2024 ha generato proventi per 46 miliardi di dollari, oltre ogni previsione.

 L’Europa è quella che ci rimette

A conti fatti dopo la distruzione dei gasdotti Nordstream, per mano ucraina e occidentale, l’Europa è quindi l’unica a rimetterci nello stop alle forniture russe attraverso l’Ucraina a dirigenza UE. Fortunatamente (si fa per dire) Trump, prima ancora di insediarsi alla Casa Bianca, ha fatto sapere all’Europa che se non acquisteremo (a caro prezzo) il GNL americano subiremo dazi commerciali.

I paesi europei, che già pagano l’energia prezzi 5 volte più alti degli Stati Uniti e 3 volte più alti della Cina, affrontano una maggiore pressione sul mercato energetico e un ulteriore incremento dei costi. La Commissione europea ha dichiarato che è pronta a sostituire la fornitura russa ai paesi più colpiti attraverso quattro rotte alternative da Germania, Italia, Polonia, Grecia e Turchia.

Quali sono le possibilità alternative?

La rete del gas Ucraina è collegata a Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia e attualmente solo la Repubblica Ceca, l’Ungheria, l’Italia, la Slovenia, l’Austria e la Slovacchia continuano ad approvvigionarsi del gas russo che transita attraverso l’Ucraina, ma gli ultimi due saranno i più colpiti perché soddisfa circa il 60% della loro domanda.

La prima rotta alternativa è quella attraverso la Germania grazie alla “recente e significativa espansione” dei terminali GNL e alle importazioni di gas tramite gasdotti da Norvegia, Paesi Bassi e Belgio. Dalla Germania ulteriori volumi di gas potrebbero essere convogliati in Austria, Repubblica Ceca e Slovacchia attraverso le infrastrutture già esistenti.

L’altra rotta faciliterebbe l’accesso del gas norvegese e del GNL dagli Stati Uniti e dall’Ucraina dalla Polonia alla Slovacchia attraverso l’interconnessione tra i due Paesi e da lì alla Repubblica Ceca, Austria, Ungheria e Ucraina.

Infine un’altra alternativa potrebbe essere quella di trasportare il gas dall’Italia all’Austria e poi in Slovacchia e Slovenia mentre la rotta trans-balcanica può trasportare il gas dalla Grecia, dalla Turchia e dalla Romania verso nord per rifornire non solo i Paesi dell’Europa centrale e orientale, ma anche l’Ucraina e la Moldavia, grazie alle interconnessioni tra Grecia, Bulgaria, Romania, Ungheria, Moldavia, Ucraina e Slovacchia.

Ma i cervelloni di Bruxelles fingono di non sapere che la rotta trans-balcanica trasporta gas russo che arriva in Turchia attraverso il gasdotto Turkstream che corre sotto la superficie del Mar Nero e il secondo è che tutte e quattro le fonti alternative di approvvigionamento rappresentano un costo di diverse volte superiore al gas russo che transitava dall’Ucraina.

Ci guadagnano (come sempre) gli Stati Uniti

Secondo le statistiche fornite dalla piattaforma di analisi dati KPLER, la crescita delle esportazioni di GNL è ancora lenta per il ritardo nella costruzione di nuovi impianti, mentre per l’Europa sarà impossibile per ora rimpiazzare il gas russo se non con un forte incremento delle importazioni del ben più costoso GNL fornito in buona parte dagli Stati Uniti che hanno appena consegnato il primo carico persino all’Ucraina.

La produzione statunitense è aumentata di circa 220 miliardi di metri cubi all’anno: un volume superiore rispetto a quello che Gazprom realizzava attraverso l’export verso l’Europa, che nel 2024 ha importato dagli Stati Uniti circa 45 milioni di tonnellate di GNL, necessari a coprire quasi la metà del fabbisogno continentale. Secondo i calcoli di Goldman Sachs, l’export di GNL degli Stati Uniti è aumentato del 197% verso l’Europa e diminuito del 41% verso tutte le altre aree del mondo.

Dal punto di vista geopolitico il massiccio flusso di GNL statunitense in Europa e in Ucraina rappresentail successo strategico dell’Amministrazione Biden, che Trump vorrà consolidare, schiacciando la competitività economica della UE e soprattutto quel minimo, di quel che resta ,della sua sovranità politica e strategica.

Anche negli Stati Uniti dove a Wall Street il 30 dicembre i prezzi del gas sono cresciuti del 17 % oltre 13 euro per megawattora (da noi sono già50) , il livello più alto da dicembre 2022. Rialzo dovuti alle previsioni di aumento della richiesta globale di GNL in concomitanza con lo stop alle forniture russe di gas decretato da Kiev, che di fatto ha reso un grande servizio agli Stati Uniti sgambettando ancora una volta la UE.

Gli analisti escludono il rischio di carenze di combustibile in Europa ma vedono nell’inevitabile ricorso al GNL un forte aggravio dei costi, che potrebbe essere molto accentuato per i Paesi lontani dal mare e dunque privi di rigassificatori.

C’è poi chi ipotizza che lo stop al gas russo in Europa sia solo temporaneo.  A lungo termine, i prezzi dovrebbero diminuire con una eventuale ripresa dei flussi dall’Ucraina, sottolineano gli analisti di Citigroup. “Siamo consapevoli dell’imprevedibilità dell’esito dei negoziati tra Russia e Ucraina, ma gli incentivi economici suggeriscono un’eventuale ripresa delle forniture”.

Ne dubitiamo, poiché anche se Gazprom andrà sicuramente in perdita nei prossimi mesi, troverà altri sbocchi di mercato internazionali e comunque non è detto che a questo punto Putin incassi passivamente il calcio basso di Zelensky, Von der Leyen e Biden.

 

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