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Hamas: “No negoziati finché non si fermerà l’aggressione a Gaza”. Israele difende le sue scelte sulla gestone della crisi a Gaza

 

 

“Non ci saranno negoziati finché non si fermerà l’aggressione a Gaza”. Lo dichiara in una conferenza stampa a Beirut il rappresentante di Hamas in Libano, Osama Hamdan che aggiunge “riterremo Netanyahu responsabile della vita” degli ostaggi detenuti nella Striscia di Gaza. Hamadan ha ritenuto a sua dire che “gli Usa sono responsabili dei massacri” per “la fornitura d’armi” allo Stato ebraico. Sul negoziato da registrare il duro intervento del Presidente Usa, Biden: “Vorrei essere chiarissimo: il rifiuto di Hamas di rilasciare le restanti giovani donne è ciò che ha rotto l’accordo e posto fine alla pausa nei combattimenti. Tutti coloro che sono ancora tenuti in ostaggio da Hamas devono essere restituiti immediatamente alle loro famiglie. Non ci fermeremo”- Da Israele parla anche il Premier di Tel Aviv, Benyamin Netanyahu che ha accusato diverse organizzazioni umanitarie di aver taciuto a lungo, ”fino a giorni fa”, anche dopo le rivelazioni relative a ”violenze sessuali e perfino stupri di una crudeltà senza paragone”, patite da donne israeliane da parte di Hamas. ”Dico alle organizzazioni per i diritti femminili, alle organizzazioni per i diritti umani: – ha esclamato, in una conferenza stampa, esprimendosi in inglese – avete sentito degli stupri, delle atrocità orribili, delle mutilazioni sessuali. Dove diavolo siete?”. ”Avete taciuto – ha chiesto, in ebraico – forse perchè erano donne ebree?”.  Israele, poi, difende anche le sue scelte nella gestione territoriale militare a Gaza per consentire la distribuzione degli aiuti nella Striscia, di fronte alle dure e ripetute critiche alla sua gestione della crisi umanitaria sorta a seguito delle sue operazioni militari nel piccolo territorio palestinese. “Stiamo cercando di aumentare gli aiuti umanitari e oltre 60mila tonnellate di aiuti sono entrate attraverso Rafah”, il punto di passaggio con l’Egitto, ha dichiarato alla stampa Elad Goren, capo del Cogat, l’organismo del ministero della Difesa israeliano che supervisiona le attività civili nei Territori palestinesi.

Israele “non sarà un problema” per l’ingresso degli aiuti, che è una “questione logistica” che dipende dalle Nazioni Unite, ha aggiunto, sottolineando le condutture idriche riparate da Israele o con il suo supporto e l’allestimento di magazzini a Rafah per ospitare gli aiuti. Ha inoltre ricordato l’autorizzazione concessa nella notte dallo stato ebraico per l’ingresso di un “supplemento minimo di carburante” ritenuto “necessario per evitare un collasso umanitario”.

Cibo, acqua, carburante e medicinali arrivano a Gaza solo dal 7 ottobre, mentre circa 1,8 milioni di persone, pari all’80 per cento della popolazione, hanno dovuto lasciare le loro case dall’inizio delle ostilità. Alcuni di questi sfollati sono fuggiti dagli intensi combattimenti nel nord verso il sud, che ora è anche un campo di battaglia.

Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha messo in guardia da “un serio rischio di collasso del sistema umanitario”, affermando che “la situazione si sta deteriorando rapidamente verso una catastrofe che potrebbe avere conseguenze irreversibili”. L’ong israeliana per i diritti umani B’Tselem ritiene che l’attuale crisi non sia solo “un effetto collaterale della guerra, ma il risultato diretto della politica di Israele”, volta a “fare pressione su Hamas”. “Chiudere i valichi e far entrare solo una piccola quantità di aiuti che non soddisfa le esigenze dei civili equivale ad affamare deliberatamente la popolazione”, cosa vietata dal diritto internazionale, ha sottolineato l’ong.

aggiornamento crisi mediorientale ore 14.14

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