Esteri

Il Niger: “Via le truppe USA”, ma Washington prova a trattare

A Washington c’è molta preoccupazione per la decisione della giunta militare del Niger di chiedere che le truppe statunitensi presenti nel paese lo lascino quanto prima.

Dopo il ritiro delle truppe francesi e la rottura degli accordi con l’Unione Europea,  il colonnello Amadou Abdramane – portavoce del Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, insediato dopo il colpo di stato del 26 luglio scorso – ha  annunciato la sospensione, “con effetto immediato”, della cooperazione militare con gli Stati Uniti. 

Non solo, ma ha ha definito la presenza militare statunitense “illegale” e “incostituzionale”  basata su un accordo illegittimo“imposto unilateralmente dagli Stati Uniti tramite una semplice nota verbale”il 6 luglio 2012.

Nel corso di una recente visita, i rappresentanti statunitensi  avrebbero minacciato ritorsioni contro Niamey criticando la scelta della giunta golpista di vendere uranio all’Irane di intrattenere relazioni economico/militari con Russia e Cina.  Il generale Abdourahamane Tchiani,a capo della giunta golpista, si è rifiutato di ricevere la delegazione.

 

La richiesta di ritiro dei militari USA  mina lo schieramento strategico di Washington nel Sahel, che a suo tempo fu giustificato con la necessità di combattere il terrorismo jihadista, ma in realtà per frenare l’influenza di Mosca e Pechino nella regione.

L’esercito statunitense gestisce ancora  la Base aerea 201 di Agadez, situata 920 chilometri a nord-est della capitale Niamey, utilizzata dal 2018 per colpire i combattenti dello Stato islamico e del Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Jnim), affiliato ad al Qaeda.

A dicembre dello scorso anno  Wshington aveva inviato un proprio rappresentante che aveva promesso  di ripristinare gli aiuti finanziari sospesi dopo la deposizione del precedente presidente Mohamed Bazoum.

A febbraio la Comunità Economica dei Paesi dell’Africa Occidentale(Cedeao), che inizialmente aveva minacciato un intervento militare contro la giunta golpista, ha deciso di revocare la  le sanzioni economiche imposte al Mali e al Niger,  che hanno annunciato di voler abbandonare l’organismo regionale entro il 2025.

Dopo le grandi manifestazioni popolari, nello scorso 24 settembre,  Macronaveva annunciato il il ritiro del continente militare francese presente in Niger, che dal 2015 dispiegava  1500 soldati impegnati nel contrasto alle organizzazioni jihadiste.

In seguito, a dicembre, i golpisti hanno sospeso gli accordi di difesa e sicurezza con Bruxelles,la  giunta ha anche ritirato il consenso al dispiegamento della Missione di partenariato militare dell’Ue (Eumpm).

Ora la Casa Bianca cerca di negoziare con la giunta nigerina per mantenere un minimo di presenza militare nel paese, mentre  i legami tra Mosca e altri paesi del Sahel si sono consolidati, soprattutto con il Mali e il Burkina Faso, anch’essi guidati da giunte militari insediate in seguito ad altrettanti golpe.

 

In Burkina Faso i russi hanno già schierato centinaia di militari dell’Africa Corps –  che ha preso il posto della “Wagner” dopo la morte di Prigozhin – e  un migliaio di combattenti russi stanno supportando l’esercito del Mali. Inoltre a novembre i golpisti di Bamako  (capitale del Mali) hanno firmato un accordo con Mosca per la realizzazione di una raffineria d’oro.

 Niger, Burkina Faso e Mali  stanno costruendo una alleanza regionale, mentre  a dicembre a Niamey  è arrivato il viceministro della Difesa russo, Junus-bek Yevkurov, che  ha firmato con la giunta locale un accordo di cooperazione militare.

Se gli americani dovessero ritirarsi definitivamente in Niger rimarrebbe soltanto  il contingente italianoinviato in nell’ambito della “Missione bilaterale di supporto” (Misin)con350 militari  con un’ area di intervento che si estende fino alla Mauritania, alla Nigeria e al Benin.

Per  ora i rapporti con i golpisti sono buoni. Il 9 marzo una delegazione italiana guidata dal generale Figliuoloe dal segretario generale della Farnesina, Riccardo Guariglia,ha concordato il riavvio dei corsi formativi per l’esercito e la polizia nigerini.

Intanto l’insorgenza jihadista continua a colpire duramente. Venerdì scorso 23 militari di Niamey sono stati uccisi nel corso di un’imboscata, poi rivendicata dallo Stato Islamico, avvenuta nelle regioni occidentali del paese, vicino al confine con il Burkina Faso e il Mali. Una guerra che si presenta lunga e difficile, destabilizzante non solo per ll Sahel e l’Occidente ma anche per la Russia.

GiElle

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