Esteri

Incendio del Corano: l’Iraq interrompe le relazioni diplomatiche con la Svezia

 

A circa un mese dall’autorizzazione al rogo di una copia del Corano da parte del governo svedese, con la giustificazione di voler salvaguardare il diritto dei cittadini ad esprimersi, l’Iraq ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche, richiamando il suo ambasciatore a Stoccolma ed espellendo quella svedese, Jessica Svardstrom.

L’interruzione delle relazioni tra i due Paesi comporta anche lo stop alle licenze di vendita per le aziende svedesi in territorio iracheno. Tra le aziende destinatarie della sospensione, da parte del capo della Commissione per i media e le comunicazioni dell’Iraq, Ali al Moayyed, c’è anche la Ericsson. Secondo quanto rende noto la Commissione in un comunicato citato dall’agenzia irachena Ina, è una ritorsione per le “autorizzazioni concesse dal governo svedese a bruciare il sacro Corano e la bandiera irachena”.

Lo stesso motivo, ha detto il portavoce del governo Bassam al Husseini, è alla base del provvedimento di espulsione contro l’ambasciatrice svedese, preso dal premier Mohammed Shia al Sudani.

La richiesta di autorizzazione al rogo del Corano era stata presentata da un rifugiato iracheno, Salwan Momika, che il 28 giugno aveva già bruciato una copia del testo sacro islamico, di fronte ad una moschea di Stoccolma.

La decisione del premier iracheno ha ricevuto l’immediato appoggio dell’ex premier sciita e filoiraniano, Nouri al Maliki. All’alba di stamani, i sostenitori di Moqtada al Sadr, predicatore islamico di etnia sciita, hanno protestato alla sede dell’Ambasciata di Svezia a Baghad, facendovi irruzione e appiccando un incendio.

In seguito all’accaduto, Stoccolma ha disposto la chiusura dell’edificio fino a data da definirsi. “È chiara la seria responsabilità delle autorità irachene, venute meno all’obbligo di tutelare le missioni e il personale diplomatico all’estero secondo la convenzione di Vienna”, ha dichiarato il Ministro svedese degli Esteri, Tobias Billstroem.

Per il rogo del testo sacro dell’Islam, nei giorni scorsi ci sono stati momenti di tensione in ambito sciita, che hanno visto coinvolti i sadisti del partito Dawa da una parte, e l’Organizzazione Badr dall’altra. Molte sedi dei due partiti, a Moqtada al Sadr e Najaf, sono state attaccate.

Dunque, la crisi tra Stoccolma e Baghdad si verifica in un momento di forte crisi politica, che coinvolge anche i caldei: il 15 luglio, infatti, il Patriarca di Babilonia, Louis Raphael Sako, ha reso noto di volersi ritirare da Baghdad e spostarsi a Istanbul, dopo aver accusato il Presidente iracheno, Abdul Latif Rashid, di aver dato ordine, tramite decreto presidenziale, di annullare la sua competenza sui beni ecclesiastici iracheni. Rashid ha respinto le accuse, ma la tensione tra governo e caldei non si è attenuata.

Durante le ultime settimane, inoltre, l’episodio ha scatenato le proteste non soltanto dell’Iraq, ma anche di altre nazioni musulmane, come Emirati Arabi Uniti, Giordania e Marocco. In particolare, la Turchia ha condannato l’episodio, ritenendolo “un palese crimine di odio” e riaffermando che “consentire simili azioni anti-islamiche, che colpiscono i musulmani e insultano i loro valori sacri con il pretesto della libertà di espressione, è totalmente inaccettabile”.

Il Ministro turco degli Esteri, Hakan Fidan, ha detto che l’incendio del testo islamico è “un altro esempio del livello allarmante di islamofobia e della diffusione di movimenti razzisti e discriminatori in Europa”.

Inoltre, l’episodio ha determinato un grande rischio per l’entrata della Svezia nella Nato, poi avvenuta grazie al sì di Ankara: “Il consenso della Svezia a tali insulti contro i simboli sacri dell’islam può causare problemi di sicurezza per la Nato”, aveva detto Fidan il 4 luglio. Stoccolma, aveva aggiunto, deve “continuare i suoi sforzi e adempiere ai suoi compiti, proprio come si è visto nel caso della Finlandia”.

A conclusione del vertice Nato di Vilnius, svoltosi l’’11 e il 12 luglio, il Presidente turco, Recep Tayyp Erdogan, aveva fatto sapere che Ankara non voterà la ratifica dell’entrata della Svezia nell’Alleanza fino al prossimo ottobre, per poi evidenziare che Stoccolma “fornirà una tabella di marcia sui passi che intraprenderà contro il terrorismo prima della ratifica”.

Nella foto l’attacco all’Ambasciata svedese in Iran

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