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Marina militare, tenente di vascello morto per amianto: 200mila euro alla figlia

di Massimo Maria Amorosini

Una vita trascorsa sulle navi della Marina militare, a servire il proprio Paese lasciando a terra gli affetti ad attenderlo. È quella di un tenente di vascello che, per oltre 40 anni, si è imbarcato sulla “Cesare”, l’“Ausonia”, la “Lipari”, solo per citarne alcune. Negli ultimi anni è rimasto, invece, nella base di Taranto, agognando il tempo in cui, ormai in pensione, avrebbe potuto finalmente trascorrere più tempo con la sua famiglia. Invece l’ufficiale si ammalato di una malattia subdola, causata dall’amianto respirato sotto coperta, ma anche nelle basi a terra. Una patologia che rimane latente anche per decenni e poi, quando si manifesta non lascia scampo: il mesotelioma. In pochi mesi, come spesso accade in questi casi, è morto, nel febbraio del 2013. A quel punto la figlia, già orfana di madre, si è rivolta all’Osservatorio nazionale amianto e, attraverso l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona, ha presentato ricorso contro il ministero della Difesa. Ha, così, chiesto il riconoscimento di vittima del doveree la speciale elargizione all’erede (circa 200mila euro) e all’assegno vitalizio. Il ministero, viste le ultime condanne e sollecitato dall’azione giudiziaria si è attivato a livello amministrativo concedendo tutto quanto richiesto. “Uno dei pochi casi in cui il ministero – ha commentato l’avvocato Bonanni – decide, prima di una sentenza del giudice, di pagare quanto richiesto, che fa ben sperare anche per il futuro e per il riconoscimento dei diritti delle vittime dell’amianto e dei loro familiari”. L’ufficiale, come è stato spiegato nel ricorso, sia sui natanti che a terra è stato esposto ad amianto. Le armerie e i depositi delle munizioni, compresi quelli di Taranto, per esempio, erano coibentate con asbesto friabile. Ha, inoltre, maneggiato materiali di amianto e contenenti amianto, ed è stato esposto anche in modo indiretto e per contaminazione degli ambienti di lavoro. Lo stesso funzionamento dei motori di brandeggio, determinava l’aerodispersione di polveri e fibre di asbesto, senza che ci fosse aspirazione generalizzata e localizzata delle polveri, anzi con scarsità di aria. Perfino il pasto era consumato all’interno degli angusti locali delle torrette delle unità navali. “A bordo delle navi è dimostrata la presenza di amianto – ha detto Paola Santospirito, responsabile dell’Osservatorio vittime del dovere e moglie di un altro militare contaminato – e ora la Marina ha riconosciuto che sulle imbarcazioni c’erano anche altre sostanze chimiche e nocive. Abbiamo, purtroppo, diversi militari morti o ammalatisi per una concomitanza di sostanze nocive”.

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