Politica

Meloni, Salvini, Tajani: l’esecutivo che non trova mai pace

 di Viola Scipioni

«Han votato, prendiamo atto. Han votato e quindi quando un popolo vota ha sempre ragione ovunque voti. Le elezioni fanno sempre bene sia quando uno le vince che quando uno le perde» questa è solo una delle ultime dichiarazioni di Salvini che mettono in imbarazzo non solo il proprio partito ma anche il governo e i propri alleati, soprattutto il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha deciso di dissociarsi duramente dalle parole del leader del Carroccio: «sono elezioni che sono state caratterizzate da pressioni forti e anche violente. Navalny è stato escluso dalle elezioni di fatto con un omicidio» ha detto «non c’erano candidati avversari di Putin. Abbiamo visto le immagini dei soldati russi entrare dentro i seggi per vedere come votava la gente. Quindi non mi sembra che sia un’elezione che rispetta i criteri che rispettiamo noi». Parole dure, queste, che hanno subito fatto rinsavire Salvini e il suo staff con un comunicato stampa, in cui si ribadiscono le stesse posizioni di Tajani: «in Russia hanno votato, non diamo un giudizio positivo o negativo del risultato, ne prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra ed il ritorno della pace. Con una guerra in corso non c’è niente da festeggiare».

Idee simili quelle della premier Meloni, che nel programma Agorà su La7 non si allontana dalle parole del ministro degli Esteri, affermando come la posizione del governo sia chiara: «il centrodestra è una maggioranza molto coesa, come si dimostra nell’unico modo in cui si può dimostrare la coesione di una maggioranza, e cioè nella velocità di attuazione e nella chiarezza di attuazione della linea di un governo. Quello che noi abbiamo fatto in questo anno e mezzo con la velocità con cui lo abbiamo fatto, e la chiarezza che abbiamo dimostrato in politica estera, tutto questo racconta una maggioranza coesa». Parole, queste, che possono voler dire tutto e niente: in molti sostengono che in realtà la premier definisce le posizioni di Salvini “intollerabili”, altri che aspetta i risultati delle europee di giugno per capire come muoversi con il proprio alleato. Il sondaggio Ipsos/Euronews del Corriere della Sera del 20 marzo, infatti, vede FdI al 27% e la Lega all’8,2% al pari del resuscitato Forza Italia. Nonostante non siano numeri per formare un governo in autonomia con il solo aiuto del partito di Tajani, Meloni potrebbe essere convinta di riuscire, con la campagna elettorale delle prossime settimane, a strappare i consensi di Salvini, soprattutto con le posizioni moderate che ha mostrato in Senato nella giornata di martedì 19 marzo: «ribadiamo la nostra condanna allo svolgimento di elezioni farsa in territorio ucraino» ha detto. L’equilibrismo della premier non si è fermato soltanto sul conflitto russo-ucraino (su cui comunque ci sono delle imprecisioni perché le elezioni farsa non si sono svolte soltanto in Ucraina, ma in tutta la Russia, dove in molti sostengono che i voti falsi siano arrivati addirittura a 22 milioni): riguardo la situazione nella Striscia di Gaza, ha affermato che «Israele deve esercitare l’autodifesa con proporzionalità e nel rispetto delle leggi internazionali» evidenziando come nel nostro Paese riconosca di vedere un «antisemitismo latente ma preoccupante». Posizioni chiare, quindi, che danno voce a un discorso perfetto anche sui ruoli in ambito europeo sulla costruzione di un esercito indipendente dagli Stati Uniti; e mentre Salvini è assente in Senato per una serie di appuntamenti in ufficio al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il senatore Roberto Menia di FdI commenta le parole di Meloni così: «la pace non si fa ipotizzando interventi militari per i pruriti muscolari di uno che di solito, invero, si dimostra piuttosto femmineo, e capite di chi parlo» riferendosi alle dichiarazioni degli ultimi giorni del Presidente francese Macron su un diretto intervento militare in Ucraina da parte del proprio esercito.

Se quindi Meloni cerca di portare equilibrio all’interno del proprio partito e all’interno del proprio governo insieme al Vicepremier Tajani per avere più credibilità sul piano internazionale, forse le posizioni discordanti di chi le sta vicino testimoniano la vera natura dell’esecutivo: anti-sistema, anti-occidentale, anti-immigrazione, con Salvini che cerca di raschiare il fondo del barile dell’elettorato più “anti” di Meloni per raggiungere una percentuale alta alle europee di giugno e tornare ad avere la voce alta nel governo.

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