In Italia, circa il 20% dei casi di tumori al seno sono di tipo Her2+, una forma particolarmente aggressiva perché maggiormente in grado di recidivare e diffondersi in altri organi. Per trattarlo esistono nuove opportunità di cura che possono generare un impatto significativo sulla sopravvivenza, sulla qualità di vita delle pazienti e sull’efficienza dei centri ospedalieri per il Sistema sanitario. Di queste innovazioni si è parlato oggi alla tappa di Bologna del ciclo di incontri Dual Answher2+ promosso da Roche, che ha riunito esperti e specialisti in una giornata di studi al Nh Hotel de la Gare, dopo aver toccato nei giorni scorsi anche Milano e Roma. Focus dell’incontro, l’evoluzione dei percorsi di cura nel carcinoma della mammella, tra innovazioni tecnologiche e terapeutiche: tra queste, sono state prese in esame in particolare le terapie neoadiuvanti e le formulazioni sottocute, sempre più elementi “chiave” che contribuiscono a migliorare i percorsi di cura. In particolare, la rimborsabilità della combinazione di trastuzumab e pertuzumab più chemioterapia ha recentemente modificato il percorso decisionale terapeutico del tumore al seno Her2+ nel contesto neoadiuvante pre-chirurgico. Conosciuta come doppio blocco, ha migliorato la sopravvivenza nelle pazienti ad alto rischio di recidiva. L’introduzione delle formulazioni sottocutanee rappresenta un’altra importante occasione di ottimizzazione del percorso di cura. Rispetto alla formulazione endovenosa, riduce i tempi di allestimento, somministrazione, osservazione e i costi diretti e indiretti, con benefici sia per l’organizzazione del centro ospedaliero che per la qualità di vita delle pazienti. “La terapia neoadiuvante (pre-chirurgica) è ormai lo standard nei tumori Her2+- spiega Claudio Zamagni, direttore Oncologia medica senologica e Ginecologica dell’Ircss Policlinico Sant’Orsola di Bologna- la scomparsa completa del tumore o la sua riduzione al momento dell’intervento sono elementi informativi per la prognosi della paziente: ciò consente di modulare le cure dopo l’intervento, con l’obiettivo di evitare le recidive. L’intervento chirurgico dopo la terapia è ancora necessario per documentare la risposta patologica completa con l’esame istologico, ma noi immaginiamo già il giorno in cui, al posto dell’intervento chirurgico, si farà una serie di biopsie. D’altronde, quella delle terapie anti Her2+ è una storia di grandi risultati: ci sono pazienti metastatiche che, iniziata la cura oltre vent’anni fa, sono vive e stanno bene”.
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