Economia e Lavoro

Pensioni, verso la riforma tra mille incertezze

 

Ape sociale agevolata per le donne e conferma, per il 2024, di Quota 103

 

Novità sulla possibile e tanto ricercata riforma delle pensioni, che, per problemi di bilancio avrà certamente dei limiti. Il tentativo del Governo si muove soprattutto in due direzioni, la prima sul versante femminile, ovvero per agevolare l’uscita dal lavoro delle donne e la seconda per mantenere quota 103 per i maschi. In discussione, per le donne, ci sarebbe l’idea dell’Ape sociale agevolata di ricevere l’indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61/62 anni invece dei 63 previsti attualmente. Maggioranza e Governo starebbero valutando l’introduzione di un ulteriore vantaggio nella contribuzione per accedere alla misura in favore delle donne con una situazione di disagio: licenziate, con invalidità almeno al 74%, care giver o impegnate in lavori gravosi. Per accedere alla misura bisogna aver maturato 30 anni di contributi nel caso di persone licenziate, con invalidità pari almeno al 74% e care givers che scendono a 28 per le donne con due figli, Nel caso di lavoratori impegnati in lavori gravosi (per almeno sei anni negli ultimi sette o sette anni negli ultimi 10 di lavoro) gli anni di contributi necessari sono 36 e scendono a 34 per le lavoratrici con due figli. Questa si aggiungerebbe allo sconto già in vigore di un anno per ogni figlio, possibile fino a un massimo di due anni. Quasi certa, invece, e questa volta parliamo dell’universo maschile. La conferma di quota 103, almeno nel 2024. Istituita in via sperimentale per l’anno 2023. Può essere ottenuta, al momento, entro il 31 dicembre in presenza di un’età minima di 62 anni e di una contribuzione minima di 41 anni. Di questi 35 devono risultare al netto dei periodi di disoccupazione indennizzata, malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro. Come già previsto per la Quota 100 e 102, anche in questo caso si applicano le cosiddette finestre mobili di attesa, che spostano la decorrenza della pensione di 3 mesi per i lavoratori del settore privato e 6 mesi per i dipendenti pubblici rispetto alla data di maturazione dei requisiti. Resta in campo, anche se tra mille incertezze l’ipotesi di introdurre la possibilità di pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, con il calcolo al 100% contributivo. Tuttavia, non sarebbe utile alle donne che già possono accedere alla pensione con 41 anni e 10 mesi di contributi, né agli uomini che si ritroverebbero con circa un terzo della pensione, oggi retributiva. Intanto nel bilancio preventivo dell’Inps per il 2023 si evidenzia un aumento delle uscite per prestazioni di 14,26 miliardi. Una somma dovuta principalmente alla distribuzione delle pensioni. Insomma l’Italia, insieme alla Grecia, resta il paese europeo con più alta incidenza di spesa in proporzione alla ricchezza prodotta, in un momento storico in cui pensioni e stipendi fanno i conti con l’inflazione più alta degli ultimi trent’anni. Dallo scorso luglio, intanto, oltre un milione di pensionati ha iniziato a ricevere la maggiorazione disposta dalla Legge di Bilancio come misura urgente per contrastare l’aumento dei prezzi. L’importo minimo è stato ricalcolato da 563,74 euro mensili a 572,20 euro, con gli arretrati del periodo gennaio-maggio.

L’aumento riconosciuto da gennaio e comprensivo di tredicesima è dell’1,5% per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo. Per gli over 75, però, si arriva a un aumento del 6,4% (da 563,74 a 599,82 euro). Dal 2024 l’incremento previsto sarà invece del 2,7% a prescindere dall’età. A ciò si aggiunge la maggiorazione derivata dall’adeguamento al 100% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, applicata agli assegni fino a 2.101,52 euro (quattro volte il trattamento minimo). A chi percepisce pensioni più elevate sono accordati aumenti progressivamente inferiori sulla base di sei nuovi scaglioni: 100%, 85%, 53%, 47%, 37% e 32%.

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