“Sono il sindaco di un comune che non c’è più e sono qui a scavare con le mani e con ogni mezzo, nella speranza di trovare vivo qualcuno”, dice Abdelrahim Aid Douar, 34 anni, sindaco di Tata N’Yaacoub, il comune dove ha avuto epicentro il terremoto. I 28 tra paesi e piccoli villaggi che fanno parte del comprensorio, tra cui Ighil e Imlil, non è ancora riuscito a visitarli tutti. “Quelli che ho visto, però, sono ridotti a cumuli di macerie”, spiega all’Ansa. La strada per raggiungerli, a 120 chilometri da Marrakesh è interrotta in più punti. “I soccorsi sono resi difficili dal fatto che quando cerchiamo di creare nuovi accessi, si aprono voragini. Non c’è elettricità e gli elicotteri non possono lavorare di notte”. Si scava senza sosta, con le mani soprattutto ma anche con gli escavatori che si sono salvati: erano in dotazione del municipio ed erano parcheggiati a valle. Un lavoro senza sosta e una corsa contro il tempo, ma con esiti spesso drammatici, perché, dice il sindaco, “tra coloro che ho cercato di raggiungere, al telefono o anche urlando a squarciagola, non mi ha risposto nessuno”.
aggiornamento terremoto Marocco ore 13.47