Economia e Lavoro

Stretta soft per il reddito di cittadinanza

di Flavia Zandonati

 

Il nuovo governo a lavoro sulla riforma del Reddito di cittadinanza. Tra le intenzioni della maggioranza c’è quello di modificare le regole relative all’erogazione del sussidio.

A quanto pare il governo di Giorgia Meloni non cancellerà del tutto il reddito di cittadinanza, ma la misura verrà rinnovata,l’intenzione è quella di mantenere il sostegno economico a favore di tutti quei soggetti che non sono nelle condizioni di lavorare per motivi validi e toglierlo a tutti coloro che sono in grado di svolgere un mestiere.

Il vice ministro al lavoro Claudio Durigon ha dichiarato: “Il reddito di cittadinanza non finirà il 31 dicembre di quest’anno, ma qualcosa si può progettare fin da subito”. Il vice ministro non nasconde che tra la maggioranza c’è chi vorrebbe l’eliminazione di questo istituto, ma in generale la convinzione è che la povertà è un elemento presente nella nostra società e che il sostegno economico se ben utilizzato è uno strumento molto utile per sostenere quella fetta della popolazione in difficoltà.

Dalle parole di Durigon sembrerebbero esserci idee ben precise su come intervenire per limitare l’assegnazione del reddito di cittadinanza, prima tra tutte l’obbligo dell’offerta congrua, ovvero se non si accetta il lavoro che viene offerto niente più sussidio già dalla prima volta. Ora infatti la normativa prevede un meccanismo più accomodante, ovvero la riduzione dell’assegno dopo il primo rifiuto.

Secondo il nuovo governo, per far decollare il provvedimento è necessario come prima cosa potenziare il sistema dei Centri per l’impiego e lavorare per migliorare il binomio domanda/offerta.

Inoltre, fondamentale è la collaborazione con il mondo del lavoro privato, tra cui le agenzie interinali.

Altra novità allo studio riguarda il periodo di tempo: il sussidio non potrà essere concesso a vita, va fissato un termine oltre il quale non si potrà andare. L’idea è quella di riconoscerlo per 18 mesi, se la persona non trova lavoro, viene sospeso e l’interessato viene inserito per sei mesi in un percorso di politiche attive del lavoro. Se dopo questo periodo il soggetto in questione è ancora disoccupato, senza un impiego potrebbe ottenere di nuovo il RDC, ma con un importo ridotto del 25% e una durata ridotta a 12 mesi, durante i quali continuerebbe a fare formazione. Laddove questo periodo si concluda senza che il beneficiario sia entrato nel mercato del lavoro, il sussidio verrà sospeso per altri sei mesi, trascorsi i quali potrà essere richiesto per l’ultima volta ma solo per sei mesi e per una somma decurtata di un altro 25%.

Inoltre, cambiamenti sono stati ipotizzati in merito al versante dei controlli, il viceministro Durigon ha infatti dichiarato che sarebbe più corretto attribuire la gestione del sistema non centralmente all’Inps ma sul territorio ai Comuni, che meglio conoscono le reali situazioni di povertà.

A oggi i beneficiari del sussidio risultano essere circa 9189.916 e se la riforma dovesse andare in porto oltre 650mila persone potrebbero perdere il sostegno economico, con questo mix di interventi in sintesi: 1 percettore su 3 finirebbe nelle maglie più strette. In termini economici, considerando anche l’inasprimento dei controlli, sembrerebbe che la somma da destinare al reddito di cittadinanza possa diminuire da otto a circa tre miliardi di euro.

Nei piani del nuovo esecutivo,quindi, sembrerebbe non esserci la volontà di cancellare totalmente l’istituto, ma di apportare tutte le modifiche necessarie per renderlo un sussidio volto a tutelare veramente solo chi ne ha bisogno.

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