di Giuliano Longo
The Donald scatena una teoria marxista-maoista del potere, ma contro i lavoratori della conoscenza non contro i miliardari.
L’obiettivo di Trump non è solo quello di smantellare alcune istituzioni., ma annientare il potere e l’autorità di intere professioni, indebolendo gravemente, se non addirittura epurando, una classe sociale. Questa l’interessante analisi di Franklin Foer per la pubblicazione americana The Atlantic.
Il suo bersaglio è la classe manageriale professionale i lavoratori della conoscenza della società, la sua élite cognitiva, i vincitori del torneo della meritocrazia americana. E comprende non solo avvocati, amministratori universitari e professori, ma anche consulenti, banchieri d’investimento, scienziati, giornalisti e addetti che hanno prosperato nell’era dell’informazione.
Negli anni ’90, – ricorda Foer- quando il gruppo iniziò a emergere nella sua forma attuale, il commentatore economico liberal Robert Reich ne salutò i membri come “analisti simbolici“: persone che identificano e risolvono i problemi ragionando attraverso le idee piuttosto che attraverso il lavoro fisico.
Un decennio dopo fu creato il termine “classe creativa” che aveva gli studi necessari per padroneggiare le complessità di un’economia globalizzata e le capacità intellettuali per conquistare il mondo digitale.
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Non molto tempo fa, gli americani della classe medio-alta che incarnano questi “creativi” avrebbero riempito le fila di entrambi i partiti democratico e repubblicano. Ma a partire dagli anni ’90 i professionisti hanno iniziato a migrare in gran numero verso i Democratici. Molte persone benestanti con una mentalità cosmopolita erano disgustate dalle posizioni sociali del Partito Repubblicano e attratte dalla moderazione economica di politici come Bill Clinton e Barack Obama.
Mentre questi compivano una svolta radicale i populisti conservatori accusavano questa élite istituzionale di complottare per estendere il proprio potere. Inculcando una visione del mondo concepita nei campus universitari – chiamata progressista o “woke” – che voleva affermare il proprio dominio sul resto della società, mascherandosi da dispensatrice di scienza e obiettività, ma in realtà come una casta egemonica.
Ora The Donald non si limita solo a sostituire i suoi avversari ideologici – insediando i propri fedelissimi nelle agenzie federali – ma intende distruggerne le loro sedi istituzionali e le basi del loro sostentamento. Come sta avvenendo con il DOGE e i licenziamenti di massa attaccando la pubblica amministrazione come baluardo autonomo del potere.
Secondo Foer l’amministrazione Trump si sta muovendo implacabilmente per sradicare la burocrazia della diversità, dell’equità e dell’inclusione che si estende a corporazioni e organizzazioni non profit.
Sebbene il Governo federale non possa annientare intere università e studi legali, Trump ha tentato di indebolirne i modelli di business, eliminando i fondi destinati alla ricerca molti delle principali università. Nel frattempo i repubblicani al Congresso propongono di tassare anche i fondi di dotazione di queste istituzioni.
Trump ha inoltre stigmatizzato gli studi legali rimproverandoli tramite ordini esecutivi, segnalando ai clienti e ai potenziali clienti che questi studi saranno sempre svantaggiati nei rapporti con il governo.
Nella sua strana inversione della politica americana, paradossalmente Trump si è avvicina alla teoria marxista del potere conducendo questa guerra di classe contro le èlite intellettuali e professionali e non contro i miliardari spesso suoi amici.
L’editorialista del The Atlanti ricorda che nel corso del suo primo mandato Trump ebbe nei confronti dell’èlite un atteggiamento “comicamente incoerente” così da equiparare le lauree alla intelligenza. “Ho frequentato la Wharton School of Business”, disse una volta. “Sono una persona davvero intelligente”.
Ma le radici ideologiche della campagna dell’amministrazione Trump contro contro queste èelite culturali e manageriali risalgono a decenni prima. “Negli anni ’30, il teorico politico James Burnham – scrive l’autore dell’editoriale- fu un discepolo del rivoluzionario russo in esilio Lev Trotsky e fece propria la critica fondamentale di Trotsky all’Unione Sovietica ormai governata da una cricca di burocrati che si occupavano dei propri interessi a spese della società, deviando dalla retta via”.
.Grazie al Baby Boom, le università prosperarono alla fine degli anni ’60, creando un enorme nuovo corpo docente. Grazie alla Great Society di Lyndon Johnson, anche la burocrazia federale si stava espandendo, creando un esercito di assistenti sociali, avvocati governativi ed economisti.
I conservatori non erano gli unici a percepire il potere della PMC (classe manageriale professionale) con un termine reso popolare dagli intellettuali liberal. Con l’acquisizione del controllo delle leve del governo da parte dei conservatori, soprattutto durante l’amministrazione di George W. Bush, si manifestò il disprezzo palese che ha guidato la politica, con la Casa Bianca che evitava le opinioni provenienti da analisti della CIA ed economisti mainstream.
Durante il primo mandato di Trump i reazionari del MAGA, pubblicarono numerosi saggi sul potere pernicioso della classe manageriale professionale che divennero una vera e propria guida già prima del secondo mandato di Trump.
“Nella Battaglia i lobi in guerra del cervello di Trump, alla fine prevalse il suo senso di risentimento. Sottoposto a critiche mediatiche e indagini legali durante il suo primo mandato, non solo si scagliò contro i suoi avversari del PMC, ma iniziò anche a fantasticare di esigere una vendetta contro di loro” scrive Foer.
Per l’intellighenzia di destra divenne fondamentale la battaglia contro le aziende avevano generato intere nuove burocrazie devote alla DEI (Diritti dell’Uomo, dei Beni e delle Attività Culturali).
I lavoratori di Google, Nike e del New York Times spinsero i proprietari a cambiare politicamente in una direzione progressista, licenziando i dipendenti che presumibilmente nutrivano opinioni retrograde su razza e genere, spingendo le aziende a promuovere le minoranze e a investire in aziende nere. La PMC stava ostentando il potere che avevano strappato ai padroni delle aziende.
L’altro sviluppo è stato il Covid che mise in luce le posizioni dell’infettivologo capo Anthony Fauci accusato da destra di approfittare della epidemia per esercitare il suo controllo sul Paese. Molti giganti della Silicon Valley furono attratti da questa critica, sebbene fossero presumibilmente membri della PMC, o quantomeno avessero frequentato università d’élite e partecipato a conferenze di lusso in località di montagna.
Ma si risentivano del fatto che i subordinati delle loro aziende li costringessero ad adottare politiche progressiste come linea guida aziendale. E in quanto ingegneri, credenti nel vangelo del “tricking”(comportamento avido e amorale) non si consideravano membri a pieno titolo dell’establishment della PMC.
Oggi il capostipite di questa nuova ideologia è Elon Musk che quando ha assunto laprprietà e il governo di Twitter nel 2022, licenziò l’80% del personale compresi i moderatori dei contenuti. Da quel momento stava prendendo posizione contro “il regime di classe professionale-manageriale che altrimenti altrove domina”.
Non solo trattò questa casta con disprezzo, ma profetizzò che fosse destinata al dimenticatoio della storia, perché i suoi membri potevano essere facilmente assorbiti dall’intelligenza artificiale. Un odio condiviso per la PMC che ha avvicinato Musk a Trump, e la purga di Twitter ha prefigurato l’approccio di Musk al governo.
Ancor prima che Musk si legasse a Trump con la sua fortuna, i sostenitori del MAGA stavano elaborando piani audaci per l’eliminazione totale delle PMC dalle istituzioni americane durante un secondo mandato di Trump e il disprezzo per la “classe dirigente burocratica irresponsabile” era il tema dominante del Progetto 2025, il manuale di strategia prodotto dalla Heritage Foundation.
L’attacco al PMC procedette con una velocità sorprendente. Dall’insediamento di Trump di dipendenti federali sono stati licenziati e molti altri sono fuggiti spontaneamente da luoghi di lavoro oppressivi. L’odio per il PMC brucia così intensamente da sacrificare la ricerca sulla cura del cancro e ignorare le competenze accumulate sul funzionamento dell’economia.
“In un certo senso, Trump sta praticando la sua personalissima forma di maoismo, una rivoluzione culturale contro l’intellighenzia – quella che il Partito Comunista Cinese definì in modo memorabile la ‘fetida nona” classe” Foer come Trump, “Mao voleva creare posti di lavoro nel settore manifatturiero in patria. Sfidando il parere degli esperti e rifuggendo il buon senso economico, Mao lanciò il suo Grande Balzo in Avanti – una politica di rapida industrializzazione disastrosamente fallimentare – alla fine degli anni ’50”.
“Meglio rossi che esperti” fu il grido di battaglia, mentre i tirapiedi del “grande timoniere” ) sottoposero i membri di questa classe a umiliazioni pubbliche e a violenze orribili esiliando i membri della borghesia urbana nelle campagne per la rieducazione.
Ma la lezione della Rivoluzione Culturale, conclude Foer è che “l’epurazione del PMC culmina, nella migliore delle ipotesi, nella stagnazione economica. Dopo il maoismo, la sfiducia sociale è dilagata; l’anti-intellettualismo ha portato all’amnesia storica e al conformismo. Anche se gli Stati Uniti evitassero questi esiti, la crisi economica globale seguita agli annunci di Trump sui dazi lascia intravedere i pericoli di bandire e stigmatizzare le competenze. Questa è la cupa realtà del progetto Trump: una visione molto più ampia, e quindi molto più corrosiva (eversiva ndr) della semplice sete di vendetta di un presidente autocratico”.
aggiornamento dazi ore 11.32