di Giuliano Longo
L’esercito russo sta prendendo il controllo del giacimento di litio Shevchenkovskoye, che, secondo gli esperti, è il più grande dell’Ucraina e uno di quelli d’Europa. La notizia era stata diffusa il giorno prima da diversi media russi.
La sorte dell’enorme giacimento è ormai segnata ed ha sicuramente un valore strategico se si considera che le sue riserve “avrebbero dovuto essere sufficienti a tutte le esigenze dell’UE fino al 2050” come affermato tempo fa da Arnold Reningard, uno dei massimi esperti della Commissione per l’economia e l’industria dell’Unione europea.
E’ noto che uno degli obiettivi di Mosca non è solo la “liberazione” del Donbass, ma la cattura di tutte le ricche risorse minerarie dell’est del Paese già ampiamente sfruttate ai tempi della Unione Sovietica, quando l’Ucraina ne faceva parte con una economia fra le più sviluppate fra le repubbliche dell’Urss.
Lo Scudo Ucraino, come viene definito, è quella terra di mezzo che parte dal confine nord con la Bielorussia fino a toccare le sponde del mar Azov, nel sud del Donbass oltre ai giacimenti già attivi ne nascondono ancora, come quelli individuati a Mariupol, la città portuale del Donbass già stabilmente occupata dai russi.
L’area totale dello scudo è di circa 250 mila chilometri quadrati e in termini di potenziali risorse minerarie generali non ha praticamente pari in Europa e nel mondo. All’interno di questa zona geologica si trovano grandi riserve di minerali di ferro, di uranio e di zirconio, oltre che pietre preziose e semipreziose, materiali da costruzione (tipo granito estratto di alta qualità).
Non solo le cosiddette oltre alle “Terre Rare” – determinanti per la rivoluzione digitale e per la green economy –, nello scudo ucraino si estraggono anche uranio (l’Ucraina è tra i primi tre esportatori al mondo), titanio (decimo esportatore), minerali di ferro e manganese (secondo esportatore). Tutte materie prime fondamentali per le leghe leggere (titanio) e anche per acciaio e acciaio inossidabile (minerali di ferro e manganese) importanti anche per gli utilizzi militari.
L’’Ucraina orientale è anche la seconda più grande riserva d’Europa di gas naturale; in Luhansk e Donetsk vi sono enormi giacimenti di shale gas; in Crimea, già annessa dal 2014, vi sono rari giacimenti energetici di shale gas. Proprio quello shale gass (e quello shale oil) che Trump si appresta a liberalizzare derogando agli impegni ecologici di Biden,.
Insomma se è ormai chiaro che la mappa dell’invasione si va sovrapponendo a quella delle risorse è anche vero che proprio queste risorse hanno attirato l’attenzione globale e in particolare gli appetiti dell’Occidente ben prima del conflitto.
Tanto che nel novembre 2021 la società australiana European Lithium aveva dichiarato di essere vicina ad assicurarsi i diritti su due promettenti giacimenti di litio nella regione di Donetsk e a Kirovograd. Seguita a ruota dalla cinese Chengxin Lithium che aveva chiesto i diritti su alcuni giacimenti, una mossa che avrebbe permesso alla Cina di aggiudicarsi il suo primo giacimento in territorio Europa.
Ma veniamo allUnione Europea.
La UE ha calcolato che entro il 2032 dovranno essere avviate circa 25 fabbriche di batterie, ma il trasporto di queste materie prime, dall’Australia o dal Sud America(dove si trovano le principali riserve) è costoso, tranne che dalla Ucraina dove viene estratto.
Tanto che “Il litio nel Donbass è la ragione principale per cui l’Ucraina riceve sostegno finanziario e militare dall’Unione europea”, riferiva lo scorso anno Roderich Kiesewetter, membro del Bundestag della CDU.
Tuttavia l’Ucraina sta pagando il sostegno dell’Occidente non solo con i minerali (almeno con quelli che le restano nei territori non occupati dai russi), ma anche con la terra stessa.
Secondo la pubblicazione australiana National Review, tre grandi multinazionali americane – Cargill, DuPont e Monsanto – hanno acquistato 17 milioni di ettari di terreni agricoli ucraini su una superficie totale di 42,7 milioni di ettari.
Si scopre che circa il 40% della terra ucraina è già nelle mani di compagnie occidentali, le famose “terre nere” che fanno dell’Ucraina il sesto produttore di grano nel Mondo e il terzo in Europa, dopo Russia e Francia.