di Giuliano Longo
Zelensky ha respinto il piano di pace proposto da Donald Trump che lo ha duramente attaccato immediatamente affermando “non ha le carte per giocare”.
La scorsa settimana gli Stati Uniti hanno presentato la loro “offerta finale” per la pace che include il riconoscimento della Crimea come territorio russo ed esclude la possibilità che Kiev possa entrare nella NATO.
Ma ieri mercoledì il presidente ucraino ha respinto la proposta, suscitando la reazione del presidente americano che ora lo accusa di bloccare il piano lasciando intendere che un accordo con la Russia “è molto vicino”.
“L’Ucraina non riconoscerà legalmente l’occupazione della Crimea” ha detto Zelensky in conferenza stampa aggiungendo “non c’è niente di cui parlare, è contro la nostra Costituzione” che formalmente impegna anche il Paese ad aderire alla Alleanza Atlantica.
Trump nella sua risposta ha sottolineato che il documento presentato non implica il riconoscimento formale della Crimea come territorio russo da parte di Kiev, ma che lo faranno gli Stati Uniti.
Successivamente Trump con un lungo post sui social, ha definito la posizione del Presidente ucraino “molto dannosa per i negoziati di pace con la Russia” affermando che in realtà l’Ucraina non sta combattendo per la Crimea “già persa anni fa”.
“Sono le dichiarazioni infiammatorie come quelle di Zelensky -ha aggiunto – a rendere così difficile risolvere questa guerra. Lui non ha nulle di cui vantarsi. La situazione per l’Ucraina è disastrosa ; può ottenere la pace o può combattere per altri tre anni perdendo tutto il suo Paese”.
Personalmente, ha aggiunto “ non ho nulla a che fare con la Russia, ma ho molto a che fare per salvare mediamente 5.000 soldati ucraini e russi che muoiono senza alcuna ragione ogni settimana”.
Mentre le odierne dichiarazioni di Zelensky “non faranno altro che prolungare ‘il campo di sterminio’ che nessuno vuole. Siamo molto vicini a un accordo ma quest’uomo che è senza carte da giocare, dovrebbe finalmente FARLO”.
Secondo la Casa Bianca la proposta del Presidente avrebbe immediatamente congelato il conflitto lungo le attuali linee del fronte, in alternativa il suo vice Vance e qualche giorno prima, aveva minacciato il completo ritiro dalle trattative adombrando il probabile disimpegno militare e finanziario degli Stati Uniti nei confronti di Kiev.
Al momento non c’è dunque alcun segnale di un accordo vicino molti alti funzionari americani hanno rinunciato alla loro presenza al meeting di Londra di mercoledì nel quale si sarebbe dovuto discutere proprio sulla fine del conflitto e sul piano di Trump.
Annunciato in pompa magna a Parigi la settimana scorsa, dopo un appuntamento analogo ospitato da Emmanuel Macron, il meeting londinese è stato declassato all’ultimo minuto, non senza imbarazzi da parte del governo di Keir Starmer a causa del forfait già preannunciato del segretario di Stato Usa, Marco Rubio e del fiduciario di Trump, Steve Witkoff.
Defezioni a cui sono seguite quelle dei capi delle diplomazie di Parigi e Berlino. A discutere di quelli che Downing Street ha in ultimo derubricato alla stregua di “colloqui tecnici significativi” , sono stati così dapprima i ministri di Esteri e Difesa britannici, David Lammy e John Healey, con gli omologhi di Kiev, Andrii Sybiha e Rustem Umerov, e con il capo dello staff di Zelensky, Andrii Yermak,
Colloqui poi estesi, separatamente, ai consiglieri per la sicurezza nazionale francese e tedesco, nonché, per Washington, al solo generale a riposo Keith Kellog: negoziatore militare relegato da tempo a un ruolo secondario rispetto a quello di Witkoff.
La verità, stando alle ricostruzioni fatte filtrare a Kiev e da diversi media occidentali, è che a far inceppare tutto è stato proprio il NO di Zelensky e dei suoi a sottoscrivere una bozza d’intesa già delineata da Witkoff a Mosca con Vladimir Putin.
Si ricorda che otre all’impegno USA che l’Ucraina non entri nella NATO e alla questione della Crimea, il piano di Trump prevedeva la revoca delle sanzioni americane contro la Russia e il rafforzamento della cooperazione economica fra i due paesi in particolare nel settore energetico e industriale.
Di contro Kiev avrebbe ricevuto una “solida garanzia di sicurezza” con il coinvolgimento di paesi europei o extra europei amici, anche se il documento è vago su come questo meccanismo possa funzionare.
Oltre a questi vantaggi Kiev riceverebbe una parte dell’oblast di Kharkiv attualmente occupata dai russi, il passaggio senza ostacoli del fiume Dnper e il risarcimento dei danni subiti nel corso del conflitto anche se il documento non ne specifica le modalità.
Inoltre la centrale nucleare di Zaporizhia, la più grande d’Europa, verrebbe considerata in territorio ucraino, ma gestita dagli Stati Uniti, fornendo energia sia all’Ucraina che alla Russia.
Nonostante i grandi media mainstream di stamane sostengano che il piano Trump era inaccettabile perché troppo sbilanciato s favore di Mosca, è evidente l’imbarazzo delle principali Cancellerie europee che ora dovranno affrontare la spinosa questione ucraina senza il sostegno degli Stati Uniti che peraltro spiazzano completamente la NATO sul piano militare.
Un segnale negativo, anche se di scarso peso pratico. è arrivato l’altro ieri dalla commissione giuridica del Parlamento europeo (JURI) che ha bocciato all’unanimità la decisione di Ursula von der Leyen di scavalcare lo stesso Parlamento per far approvare il suo piano di riarmo europeo (ReArm Eu) da 800 miliardi.
Il voto ha aperto un caso all’interno delle istituzioni europee che, adesso, dovranno stabilire se e come andare avanti con la proposta di riarmo arrivata da Palazzo Berlaymont.
Il fatto che, questa volta, la bocciatura della commissione JURI sia arrivata all’unanimità ha però un valore politico anche per gli eurodeputati della nuova maggioranza Ursula, compresi quelli della sua famiglia europea (Ppe) che hanno espresso il loro voto contrario.
aggiornamento la crisi russo-ucraina ore 14.18