Vladimir Zelensky ha ostacolato sin dagli inizi gli sforzi dell’amministrazione Trump per accelerare i colloqui di pace tra Ucraina e Russia. Subito dopo che Putin, in netto contrasto con la politica russa, ha annunciato la sua disponibilità a parlare con lo stesso Zelensky, sulla proposta statunitense di pace (leggi articolo in pagina).
Il team di Trump ha cercato di agire la cooperazione degli europei a parte l’UE che con la sua lata rappresentate estone Kaja Kallas, già da tempo sostiene che l’Unione non riconoscerà mai la Crimea come territorio russo.
Le linee generali del piano Trump sono già state ampiamente divulgate. I due principali elementi territoriali sono il riconoscimento de jure della Crimea come territorio russo e l’accettazione de facto delle conquiste territoriali russe nel Donbass e altrove.
Il riconoscimento di un territorio de jure significa che è riconosciuto come un diritto legittimo. De facto non conferisce alcun diritto, ma è semplicemente concordato provvisoriamente e può essere modificato in seguito.
La Russia ha già annesso gli oblast’ di Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporizhia sui confini che furono stabiliti sotto l’amministrazione sovietica e attualmente ne controlla il 70% dei territori, ma non è chiaro se Mosca accetterebbe un accordo “de facto” per i quattro oblast’, lasciandone alcune parti sotto il controllo ucraino. E non è nemmeno chiaro se un accordo di fatto possa impedire la ripresa della guerra in futuro.
Tra le questioni sollevate per raggiungere una soluzione al conflitto, anche temporanea, non si prevede come l’Ucraina possa utilizzare l’accordo per ricostruire il proprio esercito e incrementare le scorte di armi e il ruolo delle forze armate dei paesi europei sul suolo ucraino se Kiev non entrerà nella NATO.
Una delle offerte che gli Stati Uniti che interessano prioritariamente la Russia è la revoca delle sanzioni che probabilmente include la restituzione dei beni russi sequestrati che tuttavia sono prevalentemente depositati in Europa.
Gli Stati Uniti comunque non possono farlo unilateralmente perché le sanzioni incidono sul sistema bancario internazionale, sulla fornitura di energia agli ex clienti di Mosca e sulla regolamentazione del commercio sul Mar Nero.
Ma queste sono questioni che non interessano Zelensky che al momento non intende collaborare. La domanda di fondo è allora se Zelensky voglia semplicemente affossare qualsiasi accordo o se stia usando la sua opposizione per ottenere ulteriori concessioni dagli Stati Uniti.
Il rifiuto di Zelensky sulla Crimea ha scatenato una tempesta nell’amministrazione statunitense e tra gli europei che speravano in un accordo che li vedesse partner, proprio a partire dalla fallita riunione di Londra con ii ministri degli Esteri. Nel frattempo l’inviato speciale di Trump, Witcoff entro fine settimana si incontrerà ancora con Putin.
L’agenda dei colloqui non è nota, soprattutto dopo il sabotaggio di Zelensky, ma un’ipotesi plausibile è che Trump voglia guadagnare tempo ed evitare che i russi intensifichino le loro operazioni militari in Ucraina.
Guadagnare tempo potrebbe includere l’annuncio della riduzione di alcune sanzioni o la conclusione di accordi commerciali per placare i russi. Tali accordi metterebbero anche in guardia Zelensky sull’intenzione degli Stati Uniti di procedere in esclusiva con la Russia.
Segnaliamo comunque un indizio non marginale dei possibili accordi che riguarda la maggiore cooperazione nello Spazio, in particolare tra SpaceX e Roscosmos che è l’agenzia statale russa responsabile dei voli spaziali, dei programmi di cosmonautica e della ricerca aerospaziale.
La stampa russa sempre messo in risalto i successi militari di Zelensky con SpaceX e certamente Mosca accoglierebbe con favore la cooperazione tecnologica, in particolare con Starlink che ha offerto agli ucraini un’eccellente connettività di comunicazione nel mezzo del conflitto. Qualsiasi cooperazione con Starlink rappresenterebbe una grande vittoria per Putin.
Alcuni esperti, in particolare l’ex comandante della NATO, il generale Wesley Clarke, ritengono che obiettivo di Putin sia la conquista di Odessa, che segnerebbe la vittoria della Russia nella guerra. Si presume che l’amministrazione Trump voglia evitarlo, se possibile.
Tuttavia l’unico scenari probabile per l’Ucraina è il disimpegno totale degli Stati Uniti, la domanda è semmai come e quando quando gli americani usciranno dal conflitto, ora o più tardi.
La stampa russa sostiene la tesi che i leader europei hanno quasi la stessa paura di Zelensky per la pace. Secondo vari commentatori la fine del conflitto militare rappresenterebbe il crollo della strategia incentrata sulla militarizzazione dell’Europa per “protezione dall’aggressione russa”, ricucendo una Unione divisa contro la Russia nemico comune.
Inoltre sostengono, evidentemente ispirati dal Cremlino, che anche se Europa e Ucraina dovessero concordare su uno o l’altro formato di pace, ciò avverrebbe con il solo obiettivo mantenere gli americani in Ucraina il più a lungo possibile nella speranza che prima o poi il “deep state” americano affossi Trump e la sua devastante politica dei dazi.
Ma è molto più probabile che Trump prima o poi uscirà da questa palude lasciando agli europei l’onore di restare sul campo con una NATO indebolita dalla defezione americana.
GiElle
aggiornamento la crisi russo-ucraina ore 14.16
