Quattro anni dopo l’inizio della guerra dei 44 giorni tra Armenia e Azerbaijan, e un anno dopo l’esodo di 100mila armeni etnici dalla regione separatista del Nagorno Karabakh,le speranze che ci potesse essere una nuova opportunità per risolvere il conflitto stanno svanendo.
Sebbene Yerevan, sostenuta da Francia e Stati Uniti,creda che sia possibile l’accordo prima di novembre, Baku sostiene che nessun accordo finale può essere firmato finché non saranno rimosse quelle che considera rivendicazioni territoriali, espresse solo indirettamente, nella costituzione armena. Yerevan sostiene invece che è l’Azerbaijan a presentare tali rivendicazioni sul suo territorio.
L’anno scorso il presidente armeno Pashinyanaveva riconosciuto il problema con il preambolo costituzionale e continua a ribadire che l’Armenia non ha più rivendicazioni territoriali sull’Azerbaijan, ma Il presidente azero Ilham Aliyev, non si fida tuttavia sulla stabilità dell’attuale governo armeno che non è detto venga riconfermato alle elezioni del giugno 2026.
Mentre il governo armeno continua a segnalare un orientamento ormai assodato verso gli Stati Uniti e l’Unione Europea, la Russiapotrebbe rivolgere di nuovo alla regione la sua attenzione, precedentemente distratta dall’Ucraina.
Yerevan continua a dipendere da Moscaper la sua energia e per la sua economia in particolare. All’inizio di questo mese, Pashinyan ha accettato un invito dal presidente russo Vladimir Putin a partecipare al prossimo incontro dei BRICS a Kazanin ottobre.
I BRICS, un blocco geopolitico fondato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica nel 2009, si è da allora espanso per includere altri paesi come l’Iran,ed è sempre più considerato un potenziale rivale del G7. All’inizio di questo mese anche la Turchia ha fatto domanda per entrare nel blocco.
La partecipazione del presidente azero Ilham Aliyev sia al vertice dei BRICS che a quello dei leader della Comunità di stati indipendenti (ex repubbliche sovietiche) del mese prossimo in Russia, fa pensare che Mosca potrebbe rientrare in gioco nei negoziati tra Armenia e Azerbaijan.
Il 20 settembre, la portavoce del ministero degli Affari Esteri russo Maria Zakharovaha ricordato a Yerevan i vantaggi che trae come membro dell’Unione economica eurasiatica guidata dalla Russia. “Il 90% del grano che va in Armenia […] proviene dalla Russia. Forse allora potete contattare la Federazione russa […] per discutere della vostra sicurezza alimentare“, ha affermato.
E poiché l’Armenia dipende dalla Russia anche per la sua energia, l’ex ambasciatore statunitense all’OSCE Daniel Baer e vicepresidente senior del Carnegie Endowmentsi è espresso minacciosamente in una recente udienza al Congresso ha affermando“gli armeni devono essere preparati a sopportare alcuni inverni freddi” tanto lui a casa rimane al calduccio.
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