Esteri

Biden non vuole chiudere l’America per il Covid

Biden, in occasione del primo anno della sua presidenza, torna a parlare agli americani e comunica che non ha alcuna intenzione di tornare a chiudere per i contagi gli Stati Uniti. “Non torneremo ai lockdown, ma dobbiamo vaccinarci, e chi lo deve fare faccia la terza dose. Siamo in un posto molto diverso, abbiamo strumenti, vaccini, booster, mascherine, test, pillole per salvare vite, tenere imprese e scuole aperte”.  “E’ stato un anno di difficoltà, ma anche un anno di enormi progressi”, dice Biden tempestato di domande cercando di rilanciare la sua presidenza, segnata negli ultimi sei mesi da una serie di debacle e da un crollo nei sondaggi, che lo danno ora intorno al 40%, peggio di Donald Trump dopo il primo giro di boa. Un tonfo condiviso con la sua sempre più evanescente vice Kamala Harris, che in questi primi 12 mesi non è riuscita a stagliarsi come sua possibile erede ma con cui il presidente ha promesso di correre nel 2024.

Per questo Biden ha cercato di esaltare con orgoglio il bicchiere mezzo pieno, mettendo in fila tutti i successi della sua amministrazione e dispensando ottimismo sui problemi irrisolti. Ecco quindi i “progressi storici” nell’economia che un anno fa “era sull’orlo del collasso” e che ora può vantare un tasso di disoccupazione del 3,9% (contro il 6,4%) e il record di 6,4 milioni di nuovi posti di lavoro (contro la perdita di 9,4 milioni). O la svolta nella pandemia, con il 74% degli adulti completamente vaccinati (contro l’1% un anno fa) e il 95% delle scuole aperte (contro il 46%). Tra i successi vantati anche il piano di aiuti anti-Covid da 1.900 miliardi e quello sulle infrastrutture da 1.250 miliardi. E, sul piano internazionale, il rilancio della leadership americana, delle alleanze, della difesa dei diritti umani, fronteggiando autocrati e tiranni. Ma quando si era insediato, tra le ferite ancora aperte dell’assalto al Congresso, Biden aveva fatto promesse più ambiziose, compresa quella di unire e pacificare l’America dopo il tumultuoso caos della presidenza Trump. Il suo staff aveva suggerito addirittura paragoni con il New Deal di Roosevelt e con la Great Society di Johnson. Ora invece si trova a fare i conti con le frustrazioni e le delusioni di un Paese ancora più diviso di prima, in parte per colpa di un predecessore deciso a restare sulla scena continuando a cavalcare le false accuse di brogli elettorali. Ma nega di aver fatto “promesse eccessive”, pur ammettendo di non aver previsto un tale livello di opposizione dei repubblicani.

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