Politica

Giorgia Meloni. Iperattivismo internazionale sulle gambe fragili dell’Italia  

di Giuliano Longo

Nei mesi scorsi la Meloni  ha visitato le truppe italiane schierate in Iraq e Libano,firmato nuovi accordi energetici conAlgeria e Libia,cercato di sbloccare il sostegno finanziario alla Tunisiacon scarsi risultati, rinvigorito la distensione con Turchia ed Egitto, rilanciato la presenza italiana nei Balcani occidentali proponendosi di mediare tra Serbia e Kosovo, che Belgrado non ha gradito,   riaperto le relazioni diplomatiche con India edEmirati Arabi Uniti,visitato l‘Etiopia, ha ricevuto a Roma i presidenti di Niger, prima del golpe e Somalia, visitato l’Etiopia  e ha avviato colloqui riservati con il governo di Taipeiper la cooperazione nel settore dei semiconduttori e dei materiali critici.

La presidente si è recataa Kievdopo aver autorizzato il trasferimento dei sistemi di difesa aerea Sol-Air Moyenne Portée/Terrestre e offrendosi di ospitare una conferenza sulla ricostruzione, obiettivamente inutile senza garanzie sulla fine del conflitto.

Più di recente, durante una visita di Stato alla Casa Bianca, l’Italia e gli Stati Uniti hanno concordato un ulteriore approfondimento della cooperazione nel campo della tecnologia, dell’aerospazio e della difesa con evidente interesse delle major americane del settore.

Giorgia Meloni vorrebbe rilanciareruolo dell’Italia come potenza regionale con influenza globale, pur operando nel quadro della NATO e dell’Unione Europea e sta adottando un oltranzismo atlantista, sviluppando una nuova strategia africana  e punta anche a collegare il Mediterraneo all’Indo-Pacifico.

Ma le ambizioni italiane potrebbero essere ostacolate  dai vincoli della nostra lenta crescita economica e il rischio di tensioni eccessive e zuffe intereuropee. C’è anche la possibilità di un’escalation in Ucraina, l’aggravarsi della crisi nel Sahel e la reazione cinese dopo che l’Italia ha lasciato la Belt and Road Initiative. Anche se la Cina appare indebolita dalla recente crisi finanziaria immobiliare che delinea una bassa crescita del suo PIL negli anni a venire.

Lo scorso febbraio, il ministro della Difesa Guido Corsettoha delineato la sua dottrina per la difesa italiana. Sulla base di processi già avviati dal precedente ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, le forze armate italiane dovranno  essere in grado di operare in tutti gli scenari e spazi fisici in cui le istituzioni democratiche sono minacciate.

 

A tal fine, il governo investirà in sistemi di telecontrollo, droni e difese antidrone, capacità cyber offensive , sistemi di artiglieria aerea e contraerea, rinnovamento dei reparti corazzati (accordo con Berlino per i carri Leopard) , e sistemi antisommergili. Ma per ora non è stato ancora indicato l’impegno finanziario per fare fronte a questi investimenti, certamente graditi dalla nostra industria militare (e non solo), ma a rischio di copertura con un bilancio dello Stato già in sofferenza.

 

In Occidente perdurano i sospetti di una opinione pubblica largamente neutralista anche perché  l’Italia sta già  affrontando il contraccolpo della sua adesione alla narrazione vittoriosa di Zelenski e sta subendo  una “pressione indiretta” dai Balcani, dal Nord Africa e dall’Africa sub-sahariana, in Libia, i colpi di stato nel Sahel e di Sottomarini russi nell’Adriatico.

La  nostra capacità navale  si sta espandendo.e l’Italia diverrà  il terzo Paese dopo Stati Uniti e Regno Unito a possedere una capacità di proiezione aria-mare con caccia di quinta generazione. La marina può anche schierare una flottiglia crescente di sottomarini d’attacco all’avanguardia.

Oltre alla politica per l’Africa  l’Italia tenta di elaborare anche una strategia per il Golfo Persico e l’Indo-Pacifico, ma senza obiettivi chiari e un perimetro operativo ben definito, rischia di entrare in un’area volatile e altamente competitiva senza bussola, con un  mercantilismo fine a se stesso.

Questo“New Look”sta  spingendo l’Italia oltre la cosiddetta Dottrina dell’ammiraglio Fulvio Martini, capo dell’intelligence dell’era della Guerra Fredda che definiva l’area di interesse esclusivo dell’Italia come il “Mediterraneo allargato”: il Nord Africa, i Balcani occidentali, il Medio Oriente fino al Golfo Persico e il Mar Rosso fino a le coste della Somalia.

Oggi Roma tenta di  giocare un ruolo più globale, mentre non ha nemmeno la forza e i mezzi per affrontare da sola questioni come le migrazioni, la crisi alimentare ed energetica, il terrorismo internazionale e la sicurezza, il contenimento dei rivali nel Mediterraneo e nell’Africa sub-sahariana.

In sostanza le ambizioni di Giorgia Meloni si scontrano con una endemica debolezza economica dell’Italia e con la concorrenza internazionale di Gran Bretagna, Germania e Francia che non sono certo disponibili ad abbandonare le loro posizioni internazionali costruite in decenni. Tanto più oggi quando la crisi internazionale acuisce le fratture fra i paesi europei. 

Nè l’ombrello USA (anche sotto il profilo economico) ci può garantire in assoluto data l’incertezza dell’esito del conflitto ucraino e delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Non basta gettare le “reti” per prendere i pesci”.

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