Esteri

La fragile tregua Azerbaigian/Armenia dipenderà anche dalle scelte di Washington

di Giuliano Longo

Un accordo di cessate il fuoco completo tra l’Azerbaigian e il Nagorno-Karabakh è stato raggiunto attraverso la mediazione delle forze di pace russe. “Un accordo di cessate il fuoco tra la parte azera e i rappresentanti del Nagorno-Karabakh è stato raggiunto attraverso la mediazione del comando della missione di mantenimento della pace della Russia“, si legge nella dichiarazione del ministero della difesa russo, che così prosegue “l’accordo sarà attuato in coordinamento con il comando del contingente russo di mantenimento della pace”.

 

Il ministero ha affermato in precedenza che le forze russe di mantenimento della pace nel Nagorno-Karabakh hanno continuato a svolgere la loro missione in mezzo alle crescenti tensioni, fornendo tutta l’assistenza possibile ai civili. Secondo il ministero, un totale di 2.261 civili, tra cui 1.049 bambini, si trovano attualmente nel campo base delle forze di pace.

 

Tuttavia l’accordo che ha praticamente smobilitato le truppe armene e indipendentiste dalla regione contesa, ha già suscitato violente manifestazioni nella capitale Erevan con la richiesta di dimissioni dell’attuale presidente del consiglio  Pashinyan, e l’accusa alla Russia di non aver sostenuto l’Armenia nel conflitto.

 

Anzi nella tregua in corso,  qualcuno vede  una ritorsione di Mosca contro gli espliciti atteggiamenti filo occidentali e filo USA di Erevan.

 

Ricordiamo che il Presidente del Consiglio ameno Nikol Pashinyan, poco tempo fa ha deciso di allineare il suo Paese agli Stati Uniti (forse anche alla NATO) organizzando proteste anti-russe a Yerevan ed effettuando nei giorni scorsi esercitazioni militari con gli Stati Uniti. Atteggiamenti che hanno ufficialmente irritato Mosca.

 

L’Armenia, un paese con circa 3 milioni di abitanti, è incastrato tra Azerbaigian, Turchia, Iran e Georgia. Sebbene il nemico storico dell’Armenia sia Ankara, negli ultimi anni  è stata coinvolta nel sostegno agli armeni cristiani di etnia e religione che vivono nel Nagorno Karabakh.

 

Già da tempo il Paese  gode di un sostegno significativo negli Stati Uniti, soprattutto nel ricordo del genocidio del popolo armeno compiuto dai turchi (1894-1896, 1915-1918) che costò la vita a 1,5 milioni di armeni. Va anche considerato che la diaspora conta quasi 400mila armeni negli Stati Uniti.

 

Il Nagorno Karabakh è una regione caucasica  senza sbocco sul mare all’interno della catena montuosa del Karabakh. L’area fa territorialmente parte dell’Azerbaigian ed è riconosciuta come tale.

 

Gli armeni avevano epurato la regione dall’etnia azera, distruggendo case, fattorie, moschee e persino cimiteri e cacciando decine di migliaia di musulmani locali dal paese. Nel 2020 è scoppiata la guerra che ha portato a una significativa vittoria azera e a una sconfitta per il governo armeno guidato da Pashinyan.

 

Ma oggi Pashinyan attribuisce  la sconfitta alla mancanza di sostegno da parte della Russia, anche se ha accettato un accordo mediato da Vladimir Putin che ha posizionato le forze di pace russe attorno al corridoio Lachin a protezione della capitale del Nagorno-Karabakh, Stepanakert.

 

Recentemente, secondo l’Azerbaigian, l’Armenia aveva spostato le sue forze nella regione e iniziato a bombardare le posizioni azere, provocando la reazione azera nell’ambito della cosiddetta campagna antiterrorismo.

 

Mercoledì 20 settembre, militari delle forze di pace russe sono state colpite attaccate con armi leggere e sono state tutte uccise. Chiaramente la provocazione viene da forze forze filo-armene, tanto che . Russia e Azerbaigian hanno avviato un’indagine congiunta.

 

Gli osservatori a Mosca e in Europa ritengono che il leader armeno abbia provocato l’ultimo conflitto abortito per scacciare i russi dal Nagorno Karabakh, o almeno per incolpare i russi del suo fallimento.

 

Secondo i termini del cessate il fuoco, sembra che i combattenti filo-armeni nel Nagorno Karabakh siano tenuti a deporre le armi. È ancora troppo presto per dire se ciò avverrà.

Non è chiaro se le forze di pace russe rimarranno nel Nagorno-Karabakh, anche se i russi sono chiaramente preoccupati per la nascente storia d’amore tra Armenia e Stati Uniti.

 

Pashinyan aveva già chiesto l’intervento degli Stati Uniti, invito che Washington non ha accolto, mentre, come la Russia e altri, ha condannato la ripresa dei combattimenti.

 

Tuttavia è nell’interesse dell’Azerbaigian che i russi rimangano nel Nagorno Karabakh, poiché la loro presenza blocca, nella maggior parte dei casi, qualsiasi serio tentativo da parte degli Stati Uniti di stabilire una base in Armenia.

 

Ma è anche nell’interesse dell’Iran, poiché una base americana  a Erevan minaccerebbe direttamente Teheran. Se i russi decidessero di ritirarsi, c’è motivo di pensare che l’Iran interverrebbe, utilizzando le sue imponenti  forze di terra. Inoltre se gli Stati Uniti dovessero spingere per creare una base militare in Armenia, i russi non rimarranno fermi, così come non sono rimasti fermi davanti all’adesione dell’Ucraina alla NATO.

 

Il paese di etnia cristiana, era originariamente parte dell’ex Unione Sovietica, ben all’interno della sfera di influenza russa, ma oggi Mosca è sempre più allarmata dall’ambizione degli Stati Uniti e della NATO di espandersi in Ucraina, Caucaso e Asia centrale.

 

A ben vedere la teoria della Grande Scacchiera di Brzezinski affermava che per mantenere la propria posizione di egemone globale, gli Stati Uniti devono controllare e gestire l’Eurasia, se tale strategia è ancora valida spiega perché  si stanno nuovamente agitando le acque in Georgia, in Uzbekistan e ora anche in Armenia.

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