di Giuliano Longo
Le potenze occidentali non sono riuscite a coinvolgere l’Azerbaigian dopo il ripristino integrale della sua sovranità territoriale. Per colmare questa lacuna, la Cina sta rafforzando la sua influenza nel Paese, estendendola anche in Georgia e persino in Armenia per ora ancora nella sfera della Russia.
Pechino ha incrementato gli investimenti nelle infrastrutture digitali della regione e finanziato progetti energetici. Allo stesso tempo, anche potenze come la Turchia, il Kazakistan e gli Stati del Golfo hanno aumentato la loro presenza in questa regione strategica.
Solo di recente gli attori occidentali hanno iniziato a cercare di affrontare le conseguenze del loro fallimento nell’adeguare i propri approcci regionali dopo la seconda guerra del Karabakh del 2020.
In questo contesto, la visita a Pechino del presidente azero Ilham Aliyev nell’aprile 2025 ha segnato una svolta con la firma di un partenariato strategico globale (CSP), che rappresenta il livello apicale di cooperazione bilaterale nella gerarchia diplomatica cinese.
Questo aggiornamento fu avviato nel 2022, quando le due parti formalizzarono un partenariato strategico in occasione del vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). E già nel 2024, il commercio bilaterale ha raggiunto i 3,74 miliardi di dollari, con un aumento del 20,7% rispetto al 2023, rendendo la Cina il quarto partner commerciale dell’Azerbaigian. Ora Pechino non considera più il Caucaso meridionale un corridoio passivo, ma un nodo attivo nell’integrazione transcaspica e transeuroasiatica.
La dichiarazione congiunta rilasciata da Aliyev e dal presidente cinese Xi Jinping delinea un’ampia cooperazione nei settori delle energie rinnovabili, della digitalizzazione, della proprietà intellettuale e dell’industria aerospaziale, dando priorità ai trasporti e alla logistica.
Gli accordi mirano anche a progetti congiunti nei settori petrolchimico, metallurgico, automobilistico e dei macchinari. La Cina entrerà così nei settori industriali chiave dell’Azerbaigian, integrando l’impegno di Baku nel diversificare la propria economia oltre gli idrocarburi.
Dopo la vittoria dell’Azerbaigian sull’Armenia e il cessate il fuoco mediato dalla Russia, il tradizionale processo di pace guidato dall’Occidente (il Gruppo di Minsk dell’OSCE) è stato di fatto messo da parte. Sebbene Washington e Bruxelles abbiano cercato separatamente di mediare i colloqui tra Armenia e Azerbaigian, ottenendo alcuni successi costruttivi, non sono riusciti a formulare una visione regionale.
L’impegno occidentale nel Caucaso meridionale è cambiato con l’invasione russa dell’Ucraina quando l’’Unione Europea ha avviato vertici di mediazione a Bruxelles inviando una missione di monitoraggio delle frontiere in Armenia nel 2023, che, anziché allentare le tensioni, ha occasionalmente ottenuto l’effetto opposto.
Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno intensificato la loro attenzione entro nel 2023-2024, ma senza incontrare vincoli, la Cina ha portato avanti un programma economico disciplinato che ha ampliato la sua presenza attraverso la logistica, le infrastrutture digitali e i finanziamenti per l’energia.
Con l’acuirsi del disincanto di Yerevan nei confronti di Mosca, Stati Uniti e Francia si sono orientati verso l’Armenia e le discussioni sull’assistenza alla sicurezza acquisirono slancio. La Francia è diventata il principale fornitore di armi all’Armenia, mentre le vendite russe sono quasi crollate.
Quest’anno anche l’UE aveva iniziato a rivalutare l’importanza della regione, non solo come zona di conflitto, ma anche come vettore di energia e commercio. Un memorandum del luglio 2022 con l’Azerbaigian mirava a raddoppiare le esportazioni di gas verso l’Europa entro il 2027, sebbene il finanziamento per l’ espansione del gasdotto del Caucaso meridionale è ancora incerto, se non irrealizzabile in considerazione della volontà di alcuni governi europei di puntare gli investimenti su un massiccio riarmo.
Ora la regione non dipende più solo dai quadri euro-atlantici e la Cina offre partnership globali basate su infrastrutture, commercio e investimenti a lungo termine, il Caucaso meridionale dispone ora di alternative concrete e dei mezzi per esercitare un’azione tra di esse. La Cina è sempre stata cauta nel Caucaso meridionale, considerandolo sfera d’influenza russa e privilegiando rotte attraverso la Russia o l’Iran per i suoi scambi commerciali diretti in Europa. Il Caucaso meridionale non rientrava nemmeno nei corridoi originali della Belt and Road.
Ma il doppio shock della Seconda guerra del Karabakh del 2020 e, in particolare la guerra in Ucraina hanno interrotto le rotte di transito russe e cambiando la situazione. Pechino ora considera l’Azerbaigian e i suoi vicini come collegamenti cruciali per un’arteria alternativa Est-Ovest che collega la Cina all’Europa.
Aliyev ha pubblicamente dichiarato che l’Azerbaigian è il secondo maggiore investitore nei progetti della Belt and Road dopo la Cina stessa, mentre Baku ha effettuato enormi investimenti per ammodernare porti, ferrovie e autostrade per attrarre il traffico della Belt and Road.
L’approvazione cinese dell’Azerbaijan come nodo di transito chiave che collega Cina, Asia centrale ed Europa conferma la sua intenzione di elevare il Corridoio intermedio da percorso di ripiego secondario a canale principale. Il potenziale del Corridoio Centrale in passato è stato ostacolato dalla scarsità di infrastrutture e dalla concorrenza delle più veloci linee ferroviarie russe. Prima del 2022, solo il 2-3% del trasporto merci terrestre Cina-UE utilizzava il Corridoio Centrale.
Nel 2023-24, il Kazakistan ha registrato un aumento del 63% del trasporto merci su questa rotta (a 4,1 milioni di tonnellate), mentre l’Azerbaigian ha movimentato 18,5 milioni di tonnellate di merci, con un aumento del 5,7%.
Alla fine del 2023, le compagnie ferroviarie di Kazakistan, Azerbaigian e Georgia hanno costituito una joint venture per integrare i sistemi doganali e di tracciamento digitale, con l’obiettivo di ridurre i tempi di trasporto merci tra Cina ed Europa.
L’Azerbaigian, da parte sua, ha ampliato la capacità del nuovo porto di Alat sul Mar Caspio e modernizzato la ferrovia Baku-Tbilisi-Kars, concordando con la Cina di snellire le procedure doganali e finalizzare nuovi accordi di trasporto su strada per promuovere rotte transcaspiche dirette che colleghino la Cina e l’Europa attraverso l’Azerbaigian.
Gli spedizionieri in Kazakistan e Azerbaigian stimano che il volume di container del Corridoio Centrale raggiungerà le 96.000 unità equivalenti a venti piedi (TEU, un’unità di misura standard equivalente a circa 33 metri cubi). Si tratta di un aumento significativo, sebbene il volume sia modesto rispetto ai volumi del Corridoio Settentrionale che ancora transitano per la Russia.
L’influenza crescente della Cina nel Caucaso meridionale non si limita a treni e porti. Le infrastrutture digitali e i finanziamenti per l’energia emergono come strumenti chiave della politica di Pechino nella regione, come già avvenuto in Asia centrale, in particolare in Azerbaigian e Georgia.
In Azerbaigian i giganti cinesi delle telecomunicazioni Huawei e ZTE hanno fornito apparecchiature per le reti di telecomunicazioni in tutte e tre le repubbliche nell’ultimo decennio. Ora, Baku e Pechino concordano hanno la “trasformazione digitale dell’industria” istituendo piattaforme congiunte di ricerca e sviluppo tecnologico.
Il soft power cinese accompagna questi investimenti tecnologici. Gli Istituti Confucio operano a Baku e Tbilisi, e una nuova scuola di lingua cinese ha aperto a Yerevan con il sostegno di Pechino. Tali progetti, sebbene marginali, coltivano la benevolenza e la familiarità con la tecnologia e gli standard cinesi.
In Georgia, nel 2024 è entrato in vigore un regime senza visti con la Cina sviluppando il turismo e ai viaggi d’affari lo stesso vale oggi anche per l’Azerbaigian. Le aziende cinesi si sono affiancate agli investitori mediorientali per finanziare progetti solari ed eolici. L’impianto solare di Gobustan da 100 megawatt (MW) ad esempio, è’ora finanziato dalla cinese Universal Energy.
Le aziende cinesi hanno partecipato a gare d’appalto per centrali idroelettriche e acquisito quote della Zona Franca Industriale di Poti, che potrebbe includere impianti di stoccaggio del petrolio.
In Armenia compagnie minerarie e investitori cinesi sono attivi nel settore del concentrato di rame contro la fornitura, a titolo gratuito, di attrezzature energetiche come pannelli solari e trasformatori. Queste iniziative garantiscono alla Cina una posizione di rilievo nel panorama energetico del Caucaso.
Sia la Turchia che Pechino desiderano corridoi stabili e aperti. Anche il Kazakistan e altri stati dell’Asia centrale stanno intensificando il loro coinvolgimento. Il Kazakistan sta investendo massicciamente per rendere praticabile il collegamento transcaspico finanziando l’ammodernamento dei porti e l’acquisto di nuovi traghetti.Fine modulo Anche gli stati arabi del Golfo vedono la regione come un’estensione della loro offerta per diventare hub eurasiatici.
L’effetto cumulativo di queste tendenze è che il Caucaso meridionale sta acquisendo autonomia e l’Azerbaigian, in particolare, ha sfruttato la sua posizione geografica per accrescere la propria importanza strategica.
La Georgia, da tempo sostenitrice dei corridoi alternativi, ha firmato un accordo di libero scambio con la Cina nel 2017 e poi, nel 2023 ha elevato le relazioni con Pechino a partnership strategica. L’interesse di Pechino è particolarmente vivo per il porto d’altura di Anaklia, da tempo pianificato sulla costa georgiana del Mar Nero. La China Harbor Engineering Company, è stata incaricata dello sviluppo del porto, aumentando la dipendenza della Georgia dal capitale cinese.
L’impatto economico della Cina in Armenia rimane comunque modesto in considerazione anche della sua per ora condizionante influenza e3conomica della Russia, senza grandi investimenti e gli aiuti sono per lo più simbolici. Ma l’’impressionee è che la rete geopolitica e geoeconomica emergente abbia reso l’Azerbaigian, l’Armenia e la Georgia più propensi a interagire con tutte le potenze esterne riorientando la bussola geopolitica della regione.
La risposta tardiva dell’Occidente, in particolare di Stati Uniti e Unione Europea, ha lasciato campo aperto alla Cina per un ruolo più dinamico senza sostanzialmente intaccare gli interessi russi anche sotto il profilo geopolitico. Ma la lezione degli ultimi cinque anni è che il Caucaso meridionale non rimarrà un’area geopolitica isolata o un semplice ponte di collegamento, ma un nodo centrale eurasiatico dove anche Mosca sta giocando la sua partita.