La guerra di Putin

L’intelligence britannica annuncia spostamenti della flotta russa del Mar Nero “per preparare il blocco navale dell’Ucraina”

di Giuliano Longo

La Marina russa recentemente sta cambiando le destinazioni della propria presenza nel Mar Nero. Secondo l’intelligence britannica questi spostamenti vengono effettuati “per preparare un blocco navale dell’Ucraina”, creando le condizioni di una escalation delle ostilità in quel mare, ipotesi più che probabile dopo il ritiro di Mosca dal patto sul grano. Secondo le informazioni dell’MI5 la nave pattuglia “Sergey Kotov”,che recentemente ha respinto un attacco ucraino, è stata trasferita nella parte meridionale del Mar Nero per pattugliare  le rotte marittime tra il Bosforo e Odessa.

Gli ufficiali dell’intelligence britannica ritengono che la  Sergei Kotov farà parte di una task force per intercettare le navi mercantili che seguono le rotte del Mar Nero verso i porti ucraini.

In precedenza, il Ministero della Difesa della Federazione Russa aveva annunciato che tutte le navi dirette ai porti dell’Ucraina sarebbero state considerate potenziali vettori di carichi militari, mentre  proseguivano i bombardamenti sulle strutture del porto di Odessa e su quelle dei porti minori ai confini con la Romania sul delta del Danubio, come riportato da ORE12. Successivamente a queste notizie ilMinistero degli Affari Esteri della Federazione Russa ha sottolineato che tali navi avranno compiti di ispezione e non di attacco o affondamento, ma non è escluso che le navi della della Marina russa possano usare armi in caso di reazioni dai natanti intercettati. Pertanto, secondo gli esperti britannici, il livello di pericolo per la navigazione nel Mar Nero può ora aumentare notevolmente considerando che l’Ucraina cercherà anche di intensificare le sue operazioni in quel mare aumentando, a sua volta, il livello delle probabilità di scontri militari navali.

La flotta del Mar Nero potrebbe essere incaricata di attuare un blocco navale completo che sarà effettuato con il coinvolgimento di tutte le sue forze e mezzi disponibili, comprese non solo navi e imbarcazioni, ma anche sistemi missilistici costieri e droni. A seguito degli attacchi russi nella piccola città portuale di Reni, non lontano dal confine rumeno-ucraino riferiti ieri da Ore12 ,  una nave mercantile rumena è stata danneggiata. Lo ha riferito il ministero degli Affari esteri della Romania, commentando il precedente bombardamento del porto ucraino sul Danubio.

In precedenza, i media non riportavano danneggiamenti, affermando che le navi rumene nella rada del porto non avevano subito alcun danno. Ora si è scoperto che una natante è stato danneggiato, ma in modo insignificante, tanto che ha continuato il suo viaggio, secondo quanto riferito stampa rumena. La notte del 24 luglio le forze armate russe hanno sferrato un potente attacco al porto di Reni sul Danubio dove un deposito di petrolio ha preso fuoco, mentre fonti russe affermano della presenza di armi e munizioni, probabilmente  immagazzinate nel porto. L’attacco a Reni è stato forse il primo alle strutture ucraine situate direttamente al confine con un Paese membrodell’Alleanza Nord Atlantica. Per le forze armate russe, gli attacchi all’infrastruttura portuale del Danubio in Ucraina sono di grande importanza poiché Kiev prevedeva  di utilizzare questi porti i suoi porti, oltre a camion e ferrovia,  come alternativa per l’esportazione del proprio grano, nel caso le infrastrutture portuali di Odessa, già gravante danneggiate dai recenti bombardamenti, fossero risultate inutilizzabili. Comunque si vogliano analizzare questi fatti è evidente che la risposta agli attacchi ucraini al ponte di Crimea e in territorio russo stanno creando una pericolosa estensione del conflitto anche su questo mare dove è a rischio anche il naviglio commerciale e non solo per quello del grano già bloccato. Inoltre, mentre la controffensiva ucraina non sta ottenendo per ora i risultati sperati, è evidente che nel mirino dei russi, anche da da terra, potrebbe essere la stessa Odessa che dista dalla zona da loro occupata, 500 chilometri,  una distanza non così rilevante considerando che lo stesso fronte del conflitto, da nord a sud, è di circa 1.000 chilometri.

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