Politica

Radar SWG: UE, Italiani divisi tra fiducia e sovranismo 

 

Dopo il Covid il rapporto con l’Istituzione di Bruxelles si sta lentamente ricucendo ma secondo il sondaggio dell’Istituto di ricerca triestino il 17% degli intervistati auspica la fine dell’UE.

 

La fiducia degli italiani nell’Unione Europea si è rafforzata negli ultimi anni attestandosi attorno al 50%. Lo dice un sondaggio SWG effettuato dal 3 al 5 aprile con il metodo CAWI su un campione rappresentativo nazionale di 800 soggetti maggiorenni.

“Il rapporto degli italiani con l’UE – si legge nel Radar dell’Istituto di ricerca triestino – è stato sempre altalenante. In particolare, negli anni della crisi economica (primi anni dieci) questa relazione si era irrimediabilmente incrinata con un significativo calo della fiducia e della percezione della convenienza dell’essere uno Stato membro dell’UE. Le politiche all’insegna dell’austerity e l’incapacità di dare un’efficace risposta comune alla recessione economica avevano profondamente deluso i cittadini. La risposta dell’Unione all’altra crisi, quella del Covid, era stata invece più apprezzata e quindi dal 2021 in poi gli indicatori del gradimento dell’UE sono migliorati progressivamente, anche se senza ritornare ai livelli pre-2010”.

Ma che significa per un italiano essere cittadino europeo? “Il senso di appartenenza degli italiani all’Unione Europea – sottolinea SWG – si fonda prevalentemente su questioni pragmatiche, più che valoriali. La libera circolazione di persone e merci è ritenuta la colonna portante della partecipazione alla famiglia europea e risultano importanti anche la possibilità di avere una posizione più rilevante nello scenario internazionale nonché la garanzia di una maggiore stabilità economica. Per 1 rispondente su 4 però far parte dell’UE significa anche condividere i valori democratici”.

Si indebolisce invece la spinta all’integrazione e si rafforza la tendenza al sovranismo. “Sui futuri sviluppi dell’Unione – rileva il Radar SWG – gli italiani si dividono a metà tra due tendenze: il 51% auspica un’integrazione degli Stati membri o addirittura arrivare a un ordinamento federale che preveda un forte trasferimento di competenze alle istituzioni unitarie, mentre i rimanenti propendono per il mantenimento di gran parte dei poteri in seno ai singoli stati, e tra questi il 17% per la fine dell’UE”.

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