La guerra di Putin

Ucraina. Volontari a fianco dei russi? un altro problema politico per la Serbia

 

Quanti sono i “volontari” serbi che combattono con i russi in Ucraina? Probabilmente qualche centinaio, ma la pubblicazione Intelligence on Line riporta anche della presenza di volontari ungheresi, notizia tutta da verificare. 

La presenza di mercenari serbi in ucraina non è una novità perché alcune formazioni già combattevano contro nel Donbass dal 2014, ma attualmente pare siano qualche centinaio, anche se alcuni media di  Belgrado parlavano di un gran numero di presenze.

Da un punto di vista generale, esistono almeno due gruppi di volontari serbi, in parte appartenenti a  Movimenti Cetnizi (fascisti) e di altre organizzazioni che  intendono aiutare i “fratelli russi”. Un secondo gruppo sono persone con esperienza di guerra, arruolati da varie agenzie, indicati perlopiù come “cani da guerra”.

Recentemente i volontari serbi dell’ordine “Jovan Šević”vantavano di aver distrutto alcuni carri armati ucraini, la notizia  è stata ripresa anche dai media russi con l’intento di dimostrare che le forze filorusse in Ucraina hanno il sostegno di altri paesi.

Il premier serbo Vučići volontari serbi  potrebbero subire un danno politico da questi “volontari” e quindi ne ha preso immediatamente le distanze, ma  dal punto di vista politico è un tema caldo nelle attuali turbolenze sull’orientamento in politica estera  dei Balcani e della Serbia.

Belgrado da tempo ormai si sente stretta tra Mosca, Bruxelles e Washington dall’altro vogliono la Serbia segua la strategia di politica estera dell’Unione, mentre Mosca desidera una più stretta relazione fra i due.

I sostenitori della “opzione russa” sono anche nella maggioranza di governo e i socialisti che ne fanno parte ,chiederanno alloro prossimo congresso l’adesione della Serbia ai BRICS. A loro favore ci sono i sondaggi che danno la maggioranza della popolazione serba favorevole alla Russia. 

D’altra parte guerra in Ucraina ha provocato un brusco aumento della temperatura nei Balcani occidentali. Il 6 giugno Lavrov, capo della diplomazia russa in viaggio verso la Serbia ha dovuto invertire la rotta e tornare a Mosca. Tre stati gli avevano negato il permesso di sorvolo: Bulgaria, Macedonia del Nord e Montenegro.

La Serbia ha reagito duramente, affermando che la Nato che ha bloccato l’aereo di Lavrov “sognano di sconfiggere la Russia”, mentre un ministro serbo ha dichiarato  che “la Serbia è fiera di non essere coinvolta nell’isteria antirussa, e i paesi che la portano avanti avranno tempo di vergognarsene”.

Evidentemente sulla opinione di Belgrado pesa ancora il ricordo amaro dei bombardamenti della Nato non solo a Belgrado, durante la guerra che ha portato all’indipendenza del Kosovo, nel 1999.

Le affinità culturali e religiose con la Russia l’hanno portata anche a rifiutarsi di condannare l’invasione dell’Ucraina e di partecipare alle sanzioni occidentali contro Mosca, e come si vede, i sondaggi pesano. 

Ma nel contempo la Serbia è candidata all’adesione all’Unione europea, e il suo presidente  Vučić mantiene una neutralità ambigua per non compromettere nulla. L’anello debole della regione potrebbe essere la Bosnia ed Erzegovina, teatro di una delle peggiori guerre etniche degli anni novanta, dove i serbi vorrebbero scindersi rispetto dalla maggioranza musulmana ( a due passi da Trieste) .

Se a questo si aggiunge il sostegno  di Mosca a Belgrado sulla irrisolta questione del Kossovo è evidente che i volontari sono solo un piccolo tassello nel mosaico di relazioni che, nei secoli, ha segnato l’amicizia fra i due popoli slavi.

GiElle

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