di Balthazar
Mentre Macron si reca in Egitto prodigo di omaggi al suo omologo presidente Al Sisi alla guida di un regime repressivo senza quando tornerà a Parigi avrà diverse brutte gatte da pelare non solo con la signora Le Pen che minaccia di far cadere il Governo Bayrou, ma anche con una crisi economica e un debito pubblico monstre e un crollo della Borsa precipitata in territorio negativo.
Certamente un groviglio di problemi che non riguarda solo la Francia ma che mette in crisi il Grandeur delle Republic che il presidente ostenta in politica estera, ergendosi con il britannico Starmer, strenuo difensore di Zelensky sempre più armato dall’Europa e irriducibile nemico di Putin.
Il cahier de doleance è lungo, a partire dal deficit del bilancio francese che non accetta minimante a scendere a meno che non si intervenga con drastici tagli alla spesa o aumenti delle tasse che soffocherebbero la crescita con i francesi sulle barricate, come loro consuetudine con o senza i gilet.
Nel frattempo, il quarto Primo Ministro del Paese negli ultimi 18 mesi, François Bayrou, potrebbe essere prossimo alle dimissioni se i parlamentari di destra decidessero di far cadere il Governo come conseguenza della condanna di Marie Le Pen. Di conseguenza i pilastri della Quinta Repubblica francese, fondata 66 anni fa, sembrano ormai inadeguati a resistere a questa ondata senza precedenti di crisi interne e internazionali.
Il margine di manovra di Macron è ridotto, i suoi 4 successivi primi ministri sono vulnerabili e le maggioranze praticabili sembrano sfuggenti tanto che Emmanuelle ha poche vie di sbocco a una crisi istituzionale se non indire nuove elezioni anticipate quest’estate, che potrebbero portare a un altro parlamento in stallo.
Il calo della Borsa di lunedì scorso, che ha riguardato , è pur vero, tutte le capitali europee, a Parigi potrebbe essere invece interpretato come il segnale di qualcosa di ancora peggiore se la crisi comincerà a colpire l’economia reale e non solo quella finanziaria.
I sondaggi sono eloquenti: oggi solo un francese su quattro si fida di Macron per affrontare i problemi che affliggono il Paese.
La sua decisione di aumentare l’età pensionabile, nonostante la diffusa opposizione, ha urtato la reazione di gran parte dell’elettorato. E quella di indire la scorsa estate maldestre elezioni hanno determinato un Parlamento diviso a danno della immagine del Presidente.
Sono ormai pochi gli elettori francesi che credono che Macron possa disinnescare un’altra crisi parlamentare, per non parlare di prendere misure decisive sulla guerra in Ucraina o frenare i beluini istinti protezionistici di Trump.
I suoi errori hanno alimentato la frustrazione pubblica nei confronti della politica; la nomina di primi ministri non eletti, il rifiuto di vietare che la coalizione di sinistra, la più numerosa in Parlamento, governasse il Paese, mentre la destra continua a vincere le elezioni ma viene sistematicamente esclusa dal potere. C’è allora da chiedersi se la democrazia francese funzioni ancora.
Secondo una ricerca dell’autorevole istituto Centro Sciences Po, solo il 28% degli intervistati ritiene che la loro democrazia funzioni, una percentuale molto più bassa rispetto a Italia, Paesi Bassi e persino Germania (51%).
Prima del 31 marzo, Marine Le Pen sembrava essere la leader dell’opposizione più adatta a trarre vantaggio dal persistente malessere politico e sociale francese. Mentre il suo Rassemblement National, rimane il partito di maggioranza all’Assemblea, i sondaggi la indicano come favorita alle Presidenziali del 2027 se riuscirà a candidarsi dopo la condanna inflittale.
Le Pen, il suo partito e 23 suoi alleati di estrema destra sono stati dichiarati colpevoli appropriazione indebita per oltre 4 milioni di euro di fondi del Parlamento europeo. Un collegio di tre giudici ha preso la decisione – non senza precedenti – di vietarle immediatamente di candidarsi per cinque anni, anziché rinviare la pena fino alla conclusione del processo di appello, come di consueto in Francia.
La decisione di fatto impedisce a Le Pen di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027, a meno che non venga annullata in appello.
In risposta, Le Pen ha scatenato un attacco feroce a quello che lei considera un sistema e una magistratura truccati contro il Rassemblement con una strategia che minaccia di erodere la fiducia nel sistema democratico francese. Una sentenza che comunque sta polarizzando ulteriormente una società già gravemente divisa.
Sebbene le prove contro Le Pen siano schiaccianti, anche i suoi avversari hanno messo in dubbio l’eventuale errore della Corte nell’escluderla dalle elezioni del 2027. Secondo un sondaggio di Cluster 17 il 43% degli intervistati francesi si è dichiarato in disaccordo con la decisione di escludere Le Pen dalle prossime elezioni presidenziali, ma si tratta all’incirca della stessa percentuale di elettori che hanno votato per la leader di estrema destra al secondo turno delle elezioni presidenziali del 2022.
Ma non mancano altri focolai di crisi all’orizzonte. Un crollo del governo, una crisi finanziaria o persino una ripresa delle proteste contadine sono tutti fattori che incombono.
I governi successivi di Macron sono riusciti a spegnere gli incendi allentando i cordoni della borsa, ma questa opzione è probabilmente fuori discussione, dati i debiti della Francia e i suoi faraonici piani di investimento per la Difesa.
Il primo ministro Bayrou ha fama di “temporeggiatore” che rimanda l’azione per evitare il confronto, ma non può ignorare e soprattutto non può ignorare che la stessa stesura del bilancio statale 2026 potrà venir complicata dati gli effetti dei dazi di Trump e del debito pubblico francese, che l’anno scorso ha raggiunto i 3,2 trilioni di euro con il rischio di sborsare 100 miliardi anno in oneri finanziari.
Ma se Macron e la Le Pen piangono la Sinistra non ride di certo, anch’essa frammentata e litigiosa stenta ad imporsi come forza di governo e c’è il dubbio che il “Fronte democratico” contro la destra adottato da decenni fra moderati e progressisti, possa funzionare anche questa fra due anni. Mentre è quasi certo che “Nouveau Front Populaire, NFP” possa unirsi alla destra per far cadere Bayrou e imporre successivamente un proprio candidato alla presidenza del Consiglio.
Per dare una idea del clima di tensione che si vive Palais Bourbon, giovedì scorso davanti all’ingresso dell’Assemblea Nazionale francese un gruppo di deputati della Sinistra hanno preso a calci e schiaffi i giornalisti della pubblicazione di destra “Frontiers” per un’inchiesta sui media “identitari” in Francia. Alla fine i giornalisti sono stati scortati dalla polizia fra sputi e insulti.