di Wladymiro Wysocki (*)
Solamente il 5 dicembre scorso l’INAIL aveva comunicato i nuovi dati pubblicati negli open data dei primi dieci mesi del 2024 riportando un drammatico aumento del 4% delle denunce di infortunio.
I numeri sono impressionanti con ben 491.439 casi di infortunio, 890 con esito mortale, 233 denunce di infortunio per l’itinere e 73.922 per le malattie professionali con un forte incremento del 22,3%.
Non abbiamo avuto il tempo di analizzarli, di fare delle riflessioni, delle valutazioni che il mondo del lavoro ci proietta a una nuova grande strage nazionale di Calenzano con 5 morti e 26 feriti.
Come è consuetudine, dopo eventi del genere emergono le solite criticità e nella fattispecie sono sia di sicurezza della struttura, delle procedure, che addirittura di sito per le interferenze con le abitazioni circostanti.
Quindi un problema evidente non solo di sicurezza diretta per i lavoratori ma anche di sicurezza indiretta per i cittadini che abitano la zona.
Dobbiamo sempre arrivare al punto di una disgrazia, di una tragedia, di perdite di vite umane, di drammi di intere famiglie per capire cosa si doveva fare per evitare tutto questo e le domande sorgono spontaneamente.
Domande spesso banali ma che poi queste banalità avrebbero portato alla tutela di molte vite umane.
Siamo sempre alle solite dove tutti sapevano, o hanno fatto finta di non sapere, e nessuno agiva.
Parliamo di prevenzione, di formazione, di carenza degli ispettori, parliamo di cultura della sicurezza, di formazione già nei banchi della scuola ma il problema è nettamente altro.
Tutto giusto di quello detto sopra, ma qui abbiamo un serio problema nel considerare la materia della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro come una emergenza nazionale alla quale il Governo deve dare massima priorità, anche con un osservatorio o un organo istituito appositamente.
Abbiamo impiantato la patente a crediti come una grande novità nel panorama della prevenzione della sicurezza, ma come vediamo dai numeri non ha portato nessun beneficio o minimo miglioramento, segno che la strada intrapresa non è quella giusta.
Non stiamo facendo quello che realmente serve, creiamo delle illusioni normative atte solamente a giustificare le nostre coscienze e dare sempre la colpa ad altri delle inottemperanze burocratiche o peggio ancora delle morti e infortuni.
Non è una lotta a scaricare le colpe, deve essere una lotta a chi realmente riesce a calare a terra il sistema migliore con effetti reali e concreti di prevenzione.
Nemmeno il tempo di piangere le vittime di Calenzano che nella sola giornata del 11 dicembre scorso ci ritroviamo a piangere altre vittime del lavoro e feriti.
Massa Finalese, Modena, Roberto Carani di 59 anni viene schiacciato da un braccio meccanico, poche ore prima a San Vittore del Lazio, in provincia di Frosinone, due operai impiegati nella rimozione dell’amianto dal tetto di un capannone cadono da una altezza di sei metri. Lulzim Buci, 53 anni di nazionalità albanese, perde la vita prima dell’arrivo in ospedale, mentre il suo collega di 31 anni di origine marocchina viene trasportato in urgenza con l’elisoccorso presso l’ospedale San Camillo di Roma la cui prognosi resta riservata.
Nella tarda ora della medesima giornata presso la linea ferroviaria Milano-Bologna precisamente allo scalo merci di Rubiera, un macchinista perde la vita investito dal treno.
Morti su morti, feriti su feriti, una strage interminabile una mattanza nel mondo del lavoro senza fine.
Restiamo inermi a guardare perché privi di una vera capacità di fare la differenza e ci fermiamo a tante parole senza portare fatti concreti.
Dobbiamo capire l’importanza di sensibilizzare il datore di lavoro, di formarlo e prepararlo realmente di rendere i lavoratori partecipi e attivi alla prevenzione della propria azienda.
Dobbiamo pretendere il vero e serio lavoro dei tecnici della sicurezza che non sia solamente finalizzata a scrivere o copiare documenti chilometrici senza essere cuciti per la vera realtà aziendale.
Abbiamo un mosaico normativo del quale non ce ne facciamo niente se poi gli incidenti restano gli stessi di 80 anni addietro, se le carenze sono le medesime e se addirittura si vanno a rimuovere i dispositivi di sicurezza previsti.
Il cambio di passo deve essere radicale, ma non cambierà mai nulla se questo non proviene dal datore di lavoro e dai lavoratori.
Dobbiamo andare nelle aziende non per sanzionare solamente ma stimolarli, per aiutarli, per essere al loro fianco e dare un segnale dirette dall’interno della volontà nazionale di cambiare.
Rimettiamoci tutti seriamente ai tavoli di lavoro e concretamente analizziamo le cause di tutto questo e insieme mettersi a lavorare perché questi drammi non debbano più accadere.
La speranza resta sempre alta, la realtà purtroppo è la stessa.
*Esperto di sicurezza sul lavoro