Esteri

Palestina. Appello di giornaliste e giornalisti italiani

Questo appello è stato promosso dal Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente per rompere il silenzio dei media e della politica sul genocidio del popolo palestinese e per denunciare con forza la mattanza dei giornalisti e delle giornaliste a Gaza, in Cisgiordania e in Libano ad opera dell’esercito d’Israele e del suo governo oltranzista. Una “congiura del silenzio” di chi non vuol vedere e impedire al mondo di sapere. Il nostro obiettivo è di raccogliere un importante numero di firme per riaffermare il diritto-dovere alla verità e sollecitare le organizzazioni sindacali e istituzionali del giornalismo italiano a schierarsi senza incertezze contro ogni censura/autocensura alla libertà di espressione e al dovere di informazione. Una volta raccolte le firme, chiederemo la pubblicazione a pagamento dell’Appello su una intera pagina di una autorevole testata nazionale, nello stesso giorno in cui una nostra delegazione lo consegnerà nelle mani della Segretaria generale e del Presidente della Fnsi,  del Segretario e del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti. Per questo chiediamo a tutti coloro che ne condividono i contenuti di sostenere l’Appello anche attraverso una libera auto-tassazione finalizzata al miglior successo dell’iniziativa.


APPELLO

A Gaza sono stati uccisi più giornalisti in un anno e mezzo che in tutte le guerre mondiali, in Vietnam, nei Balcani e in Afghanistan messe insieme. Erano tutti palestinesi.

Non è un effetto collaterale. È una mattanza premeditata.

È un attacco mirato al diritto di informare.

Alla libertà.

Alla civiltà.

Duecentodiciassette colleghe e colleghi assassinati – forse di più – mentre indossavano il giubbotto con la scritta PRESS.

Uccisi insieme alle famiglie, ai figli, ai loro sogni e alle loro speranze di pace.

Hanno pagato il loro prezzo al diritto-dovere di servire l’opinione pubblica del mondo intero.

Ma ora più che mai è il nostro stesso silenzio a presentare il conto.

Di fronte a questa strage, era lecito attendersi un coro unanime di sdegno da parte dei nostri giornali, le nostre televisioni, le nostre radio. Ma quest’unanimità non c’è stata. Sullo sdegno ha prevalso in larga parte il silenzio, e la mistificazione della realtà secondo le veline dell’esercito israeliano e del suo governo.

Anche tra noi giornalisti, in molti tacciono per paura di essere etichettati, discriminati, isolati.

Tacciamo per non disturbare.

Questo silenzio è comodo. Ma non è muto; parla.

E non è gratis; costa.

Ogni parola taciuta allontana dalla verità e dalla storia.

E ogni verità omessa rende complici.

Complici di una strage permanente del popolo palestinese, del diritto internazionale, dei più elementari diritti umani.

Complici di un Genocidio (altrimenti definito dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres “campo dì sterminio” e su cui la Corte internazionale di Giustizia si appresta a sentenziare in base alla definizione dell’Onu del 1951).

Se non deNunciamo ora, se non ci esponiamo ora, quale giornalismo difendiamo?

Chi potrà credere nel nostro mestiere?

Non i giovani reporter.

Loro guarderanno a Gaza.

Ai cronisti e alle croniste che hanno scelto di raccontare sapendo che poteva costare loro la vita. E molti, troppi, l’hanno immolata per questo.

Il nostro silenzio parla.

E un giorno griderà che abbiamo tradito la nostra missione.

Che invece di difendere le notizie, le abbiamo censurate.

Che invece di custodire la libertà, l’abbiamo abbandonata.

Che invece di difendere i diritti e la democrazia, li abbiamo sabotati.

Per questo intendiamo ribellarci a questa congiura del silenzio che soffoca verità e giustizia e disarma le coscienze.

Alziamo finalmente la testa!

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