Politica

  Segreteria Pd, la Schlein avverte: “Non serve cambiare il nome del partito, devono cambiare i nomi”

 “Non credo sia fondamentale cambiare il nome” del Partito democratico “se non cambiano i nomi, se non cambia il metodo, se non cambia la visione. Io lavoro in questa direzione”. Così Elly Schlein, candidata alla segreteria del Pd, intervenendo ad Agorà, su RaiTre. “Il punto fondamentale è fare del Pd il partito che vuole limitare i contratti a termine, fare il salario minimo, spazzare via i contratti pirata, difendere la sanità e la scuola pubblica contro questo governo che le sta tagliando”, ha aggiunto. Va detto poi di Bonaccini, che alla Schlein fa una proposta: “Se diventerò segretario chiederò certamente ad Elly di darmi una mano. Se dovesse prevalere lei, io, senza chiedere nulla per me, non ne ho bisogno, se vorrà, darò una mano. Poi Bonaccini parla anche delle alleanze: “Per quanto mi riguarda, non c’è tabù verso nessuno: certo senza il Pd non è possibile nessuna alternativa di centro sinistra. Quello che mi permetto però di dire è che almeno, ognuno nella propria autonomia, su alcune battaglie potremmo insieme fare opposizione in Parlamento e nel Paese”. Intanto, quanto agli altri due candidati alla Segreteria del Partito, si profila una scelta su chi appoggiare in questo ultimo passaggio, questa volta popolare dei gazebo.  Paola De Micheli va verso il sostegno a Stefano Bonaccini, Gianni Cuperlo potrebbe non dare indicazioni. Sarebbero questi gli orientamenti dei due candidati alla segreteria Pd che non andranno alle primarie e che, dunque, sono chiamati a decidere chi sostenere domenica ai gazebo. La scelta non è scontata, perché lo statuto Pd prevede anche la possibilità di non dare indicazioni e – anzi – di fatto incentiva questa soluzione, attribuendo un “bonus” di rappresentanti in assemblea a chi ha partecipato alla prima fase e poi non si è schierato.  Secondo le norme Pd “ai candidati alla carica di segretario nazionale non ammessi alla votazione, i quali rinuncino a sostenere altre candidature ammesse, è riconosciuto il diritto a nominare un numero di persone pari a due, di cui un uomo e una donna, per ogni punto percentuale di voti ottenuti, su quelli validamente espressi, in occasione della consultazione preventiva tra gli iscritti, purché abbiano ottenuto un numero di voti pari almeno al cinque per cento di quelli validamente espressi”. Tutto questo, a patto che il candidato abbia superato almeno il 5% tra gli iscritti. Ora, Cuperlo è poco sotto l’8%, e dunque otterrebbe 16 posti in assemblea se non si schierasse tra Stefano Bonaccini e Elly Schlein. E proprio per sfruttare questa possibilità l’orientamento dell’ex presidente Pd – che si sta confrontando con i suoi sostenitori – sarebbe di non dare indicazioni. La De Micheli è invece al 4,2%, dunque in teoria esclusa dal “diritto di tribuna”. Il risultato, però, potrebbe non essere definitivo, perché come sempre ci sono ricorsi e riconteggi in corso e quindi il 5% alla fine potrebbe essere raggiunto. Per l’ex ministra, però, c’è meno incertezza sull’eventuale nome da sostenere. Mentre molti dei sostenitori di Cuperlo sarebbero per la Schlein, ma alcuni anche per Bonaccini, dentro la mozione De Micheli l’orientamento è nettamente a favore del presidente dell’Emilia Romagna.

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