La guerra di Putin

Vaticano e guerra , monsignor Gallegher: “Si vis pacem para pacem”

 

Il segretario per iRapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali della Santa Sede, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher ,è intervenuto il 20 gennaioa Roma al convegno “Le armi delle diplomazie. Dialogo su Santa Sede ed Europa davanti alla guerra”. Gallagher nel suo intervento ha avanzato tre suggerimenti:il primo è quello di «considerare il ricorso alle “armi delle diplomazie” non più come l’espediente per separare idee e posizioni contrapposte o per fermare le guerre in atto, magari con lunghe tregue armate. Ma come strumento di coesione preventiva tra le parti in lite, a partire dalla ferma convinzione che la pace può essere raggiunta mediante il dialogo e l’ascolto attento e discreto piuttosto che attraverso reciproche recriminazioni, critiche inutili e dimostrazioni di forza».  Il secondo percorso riguarda di rinnovamento dell’attività diplomatica diventa necessario davanti l’attuale conflitto in Ucraina, poiché esso «ha reso più evidente la crisi che da tempo interessa il sistema multilaterale».Nello specifico ha r auspicato «un ritorno allo “spirito di Helsinki”», ovvero alla conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa, svoltasi nella capitale finlandese nel 1975, magari lavorando «per realizzare una nuova grande conferenza europea dedicata alla pace». Il terzo suggerimento propone di considerare il valore della diplomazia non solo collegato alle intenzioni di fare la guerra e al suo svolgimento, ma anche e soprattutto «la sua capacità di gestire le delicate fasi successive ad una guerra, quando lo scontro rischia di trasformarsi in un conflitto occulto in cui ogni parte vuole legittimare la propria volontà». Quindi ha invitato a non dimenticare mai la centralità della persona umana, perché gli «artigiani di pace hanno il coraggio di andare oltre la superficie conflittuale e considerano gli altri nella loro dignità più profonda, convinti che l’unità è superiore al conflitto». Dunque, «in un mondo frammentato e multipolare che accentua le differenze piuttosto che colmare i divari» la diplomazia pontificia «non limita l’attenzione agli interessi delle parti belligeranti, ma si impegna ad ascoltare, assumere e farsi eco del grido straziante d’aiuto della gente fragile e indifesa, che ha vissuto gli orrori di una guerra e attende e spera un diverso avvenire». Il valore aggiunto sarà anche quello della «misericordia, quale fattore costruttivo e garante dell’ordine internazionale, l’unico realmente capace di spezzare la catena dell’odio e della vendetta e disinnescare gli ordigni dell’orgoglio e della superbia umana, causa di ogni volontà belligerante».  «Si vis pacem para pacem — ha concluso l’arcivescovo —. Impegniamoci a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce», ma con «l’incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni», affinché «la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni di sviluppo e di futuro». Il convegno è stato  organizzato dalla Cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace, l’Università di Bologna con la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII e la ReCui (Rete delle Cattedre Unesco Italiane).  Moderato dall’ambasciatore Umberto Vattani, presidente della Venice International University, Sono intervenuti fra gli altri Giovanni Molari, rettore dell’Università di Bologna, e Alberto Melloni, titolare della Cattedra Unesco, Presente anche Romano Prodi.

Giulo

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