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La Cassazione: “Quella del clan Spada era mafia”. Processo bis per due delitti eccellenti del crimine organizzato a Ostia

La Cassazione ha confermato l’accusa di associazione di stampo mafioso per il clan Spada, che a Roma e soprattutto ad Ostia e lungo l’intero litotrale laziale, hanno dettato legge a colpi di ricatti, violenze ed estorsioni. I giudici di piazza Cavour hanno sostanzialmente accolto le richieste del pg e disposto un nuovo processo d’appello per il duplice omicidio di due esponenti di un clan rivale, Giovanni Galleoni detto ‘Baficchio’ e Francesco Antonini detto ‘Sorcanera’, avvenuto il 22 novembre del 2011 nel centro di Ostia. Il procedimento vedrà imputati Roberto Spada (nella foto mentre colpisce con una testata il giornalista della Rai, Piervincenzi)  , già raggiunto da una condanna definitiva per la testata inferta ad un giornalista della Rai, Ottavio Spada (detto Marco) e Carmine Spada. I magistrati hanno rigettato i ricorsi degli altri imputati ritenuti inammissibili. La sentenza è arrivata dopo che questa mattina nell’aula magna della Cassazione è stata rinnovata la discussione, già avvenuta il 10 dicembre scorso, in seguito alla sostituzione di un componente del collegio. Il maxi processo nasce dall’indagine della Dda di Roma, coordinata dai magistrati Michele Prestipino con Ilaria Calò e Mario Palazzi, che aveva portato il 25 gennaio del 2018 all’operazione ”Eclissi” con gli arresti eseguiti dai carabinieri e dagli agenti della squadra mobile. Il 12 gennaio dello scorso anno i giudici della Prima Corte d’Assise d’Appello di Roma avevano confermato l’associazione per delinquere di stampo mafioso e le condanne per i 17 imputati per oltre 150 anni di carcere, tra queste, l’ergastolo per Roberto Spada e per Ottavio Spada, detto Marco, mentre era stata ridotta la condanna per Carmine Spada, dall’ergastolo a 17 anni. “La sentenza della Cassazione riconosce in via definitiva lo scenario mafioso che ha a lungo condizionato la realtà di Ostia, segnata dal radicamento del clan Fasciani e del clan Spada”, ha osservato l’avvocato Giulio Vasaturo, legale di parte civile dell’associazione Libera. “Questa pronuncia consegna alla storia una verità processuale ora intangibile che vale a smentire quanti hanno sin qui minimizzato la presenza e la pervasività delle mafie nella città di Roma”.

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